Dalla Redazione

La Ovest illumina la prima notte di campionato

La “Massimo Capraro” e tutto il “Ceravolo” contro un destino di mediocrità

Ancora una volta uno spettacolo. Sempre lui, quell’indomito popolo giallorosso così abilmente descritto da Fabrizio Scarfone . Ieri sera tra le rovine del “Ceravolo” è andata in scena un’altra prova di orgoglio e maturità di una tifoseria che non smette di stupire.

Abbiamo parlato spesso della difficoltà di essere tifosi in questi anni di crisi del calcio, quel meraviglioso giocattolo oggi stritolato dagli interessi economici. Abbiamo enfatizzato alcune trasferta di quarta e terza divisione con numeri sconosciuti anche a piazze più grandi. Ebbene ieri sera 5000 cuori si sono ritrovati per la prima di campionato. Una festa nella festa. Abbracci davanti allo stadio, visi abbronzati ma tesi per i primi tre punti. Quei tre punti sfuggiti al Catanzaro negli ultimi 5 minuti, senza che l’avversario avesse mai tirato in porta. Una beffa.

Ma la partita non sarà ricordata per i due punti gettati al vento. La partita restarà negli annali per il black-out all’impianto d’illuminazione che ha lasciato lo stadio al buio per 20 minuti per una sospensione complessiva di 35 minuti. Quel buio pesto, illuminato solo dagli accendini e dai telefonini. Può capitare, per carità. È già successo tante volte in stadi molto più importanti. Ma quel buio è un simbolo di una città in piena decadenza, affondata dalla mediocrità dei suoi governanti, delle classi dirigenti che si sono succedute in questi ultimi anni.

E quei canti, quelle gole spiegate sono invece il simbolo di un popolo che non vuole arrendersi. Che vede in quello stadio e in quella maglia giallorossa ancora oggi un mezzo di rivalsa, un segnale al mondo della propria presenza, della propria storia. I video e le foto di questa notte stanno facendo il giro del web. Li inviamo a chiunque possa essere interessato gonfiando il petto, li pubblichiamo sulle nostre bacheche Facebook, li cinguettiamo sul nostro Twitter. «Noi siamo il Catanzaro», insomma, quell’urlo fiero, quella “malattia” che oggi tutti noi cerchiamo di trasmettere ai nostri figli e ai nostri amici. Il nostro modo di sopravvivere e di non arrenderci a un triste e mediocre destino.

Ivan Pugliese

@naracauliz

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