Safe City si ferma

La nota dell’Amministrazione Abramo e la soddisfazione di Scalzo e D’Arttorre contrari al progetto

Nessun dietrofront sul progetto di videosorveglianza, ma solo la doverosa presa d’atto che la Regione Calabria ha modificato i criteri di assegnazione dei fondi dei Contratti Locali di Sicurezza.Le tecnologie restano assolutamente indispensabili per contrastare la criminalità, com’è ampiamente dimostrato. Chi oggi esulta perché non ci sarà videosorveglianza a Catanzaro, sembra non porsi assolutamente il problema del dilagare dei fenomeni criminali in città. Ad esultare dovrebbero essere solo rapinatori, spacciatori, ladri d’appartamento e di automobili, teppisti e vandali.Safe City, progetto che doveva essere realizzato attraverso un canale di finanziamento dedicato ( e quindi non dirottabile su altri obiettivi, come strumentalmente e falsamente viene detto), avrebbe garantito – nel pieno rispetto della legge e della privacy – un notevole controllo del territorio, tale da ridurre i margini di azione della criminalità.Questo e soltanto questo era l’obiettivo dell’Amministrazione Abramo che, in ogni caso, non rinuncerà ad utilizzare tutte le risorse disponibili per realizzare, sia pure a stralci, un programma di videosorveglianza efficace, moderno e rispettoso delle regole.L’Amministrazione Abramo, ritenendo oltremodo lesive dell’immagine e della dignità del Comune e dei singoli amministratori le pretestuose valutazioni, anche di natura personale, usate dai ricorrenti al TAR, al Consiglio di Stato e alla Procura della repubblica, sta valutando l’opportunità di perseguire penalmente, per i reati di calunnia e diffamazione, coloro che hanno contrastato il progetto non con i legittimi strumenti democratici, ma con l’arma della maldicenza.


NonNon possiamo che accogliere con soddisfazione la decisione della Giunta comunale di Catanzaro di bloccare la realizzazione del progetto “Safe City”, avente ad oggetto l’affidamento di un sistema di videosorveglianza ad un società israeliana. Un progetto avviato da tempo con un dubbio procedimento amministrativo, basato su un affidamento diretto per oltre 23 milioni di euro, ma per la cui realizzazione oggi ci si accorge dell’insussistenza delle risorse. Le perplessità sulla legittimità della procedura, sin dall’avvio della programmazione, si sono accumulate nel tempo. Quel sistema di videosorveglianza, costituito dalla distribuzione capillare sul territorio di 900 telecamere, avrebbe determinato una indebita intrusione nella vita privata dei cittadini, ledendo il diritto alla privacy e alla riservatezza e alla protezione dei dati e delle informazioni personali. Ma soprattutto, in un momento in cui lo Stato è costretto a continuare a ridurre per ragioni di bilancio le risorse per la sicurezza, l’iniziativa ci è sembrata  talmente incomprensibile che ci ha spinto ad interrogarci su ciò che si muoveva intorno all’azienda affidataria. Anche questo ci ha spinto a sollevare la questione a livello parlamentare, interrogando il ministro dell’Interno proprio qualche giorno fa. Insistiamo, comunque, sull’opportunità di procedere all’istituzione presso la locale prefettura di un tavolo istituzionale con il coinvolgimento di tutti i soggetti impegnati a garantire la sicurezza e l’ordine pubblico in città al fine di individuare soluzioni articolate e complessive a partire anche dal potenziamento degli organici delle forze dell’ordine presenti a Catanzaro.

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Redazione

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