Invasioni di Campo

Il Catanzaro d’Inghilterra

Scritto da Redazione
Il calcio, una passione senza confini, categorie e distinzioni di classe. La storia dell’Oxford United, a 3000 chilometri dal “Ceravolo”, raccontata da Emanuele Ferragina

Sentirsi quasi al “Ceravolo” a 3000 chilometri da casa, respirando la passione senza confini del football. Nella storia dell’Oxford United, un piccolo club inglese che milita in quarta divisione, ritroviamo il senso del calcio oltre la categoria e le distinzioni di classe. Respiriamo la voglia di inseguire ancora dei sogni nella speranza, un giorno, di riuscire a battere un club blasonato. Consapevoli che sarà solo un giorno. Ci racconta questa storia il nostro Emanuele Ferragina, ricercatore a Oxford, impegnato in questi giorni a Catanzaro in una serie di presentazioni del suo nuovo libro “Chi troppo chi niente” (). Un’occasione per discutere di diseguaglianze sociali, ma anche per sapere chi vincerebbe un ipotetico confronto tra Massimo Palanca e John Aldridge, tra il Catanzaro e l’Oxford United.

Red


 

Ad Alessandro Arrigoni

Avevo pensato di scrivere questo articolo parecchi mesi fa. Una sorta di regalo di Natale per i tifosi giallorossi. Poi per una qualche ragione che non so spiegare ho avuto un blocco. Ci ho provato tante volte, ma non ci sono mai riuscito, né a Catanzaro, né nel mio ufficio in centro città. Ogni volta che provavo a scrivere non mi sentivo sufficientemente ispirato. Ritornare a Blackbird Leys e passare il mio tempo a discutere di disuguaglianza e disagio sociale mi hanno sbloccato, hanno fatto riaffiorare le emozioni originali. E cosi eccomi qua, a conclusione di un viaggio in treno da Londra a Oxford, lo scritto tanto atteso ha preso forma.

Questo articolo è dedicato a tutti coloro i quali non si sono arresi a un presente gramo, nella consapevolezza che nel mondo di oggi per ‘essere perdenti con stile’ ci vuole cuore e coraggio. Nel calcio ci sono storie di ascese da sogno e rapidi declini. Sono proprio le storie che parlano di declino che ispirano la scrittura e condensano lo spirito di comunità. Quelle storie contribuiscono a creare un’aura di immortalità, la magia di una passione. Quella passione per chi, vincente solo per un giorno, è già consapevole della sua sconfitta imminente. Un processo nel quale perderà tutto, tranne l’amore di chi lo ha scelto per la vita. Non ci sono distinzioni di colori sociali o continenti, dal Törekvés al San Lorenzo de Almagro, dal Catanzaro all’Oxford United. Törekvés, parola ungherese che significa inseguire, sognare ad occhi aperti. Gli anni gloriosi sono la speranza perpetua che un giorno, nonostante il passato recente fatto di conti truccati e sconfitte, per una serie di congiunture favorevoli la storia si ripeterà. La storia si ripeterà ancora. Davide batterà Golia e tutti noi ritroveremo per caso negli occhi di chi ci sta accanto quelli sorridenti e spensierati del primo amore.

L’Oxford United abita nel quartiere più povero della città: Blackbird Leys. Un quartiere lontano socialmente e spazialmente dal centro. Un mondo radicalmente diverso da quello dei lustrini luccicanti e la bellezza altera dell’università in cui vivo. Nell’andarci ti immergi in un altro mondo. Un quartiere fatto di scarni alloggi popolari, storie di povertà estrema e il sapore acre della fine della civiltà industriale. Ad Oxford la BMW, fino a qualche decennio fa, dava lavoro a migliaia di operai. Oggi restano soprattutto impianti automatici, padiglioni dismessi e una malinconia spettrale.

Percorrere Cowley Road in bicicletta è attraversare Albione. Si va da Magdalen College, dove ha studiato la metà dei componenti del presente governo conservatore, a Blackbird Leys, dove una manipolo di tifosi orgogliosi continua a sostenere la propria squadra senza badare a Sky o alla categoria. Dai tagli allo stato sociale alla sofferenza di chi si arrangia per sbarcare il lunario. Dalle cene formali della classe dirigente inglese agli ultimi tra gli ultimi. Dai pochi che hanno troppo ai tanti che hanno niente. Un viaggio che ti ricorda come siano vuote e prive di senso le parole di chi dice che non esiste più la povertà nei paesi industriali. Un viaggio che è un pugno allo stomaco per chi vive ogni giorno dall’altra parte dello steccato.

A quasi 3000 kilometri da casa, immerso in un contesto così diverso da quello in cui sono nato mi basta chiudere gli occhi. Non importa se l’umidità mi penetra nelle ossa e il freddo tagliente mi congela il naso, quando sono in curva con Alessandro in mezzo a loro sento le parole misurate di mio padre. Lo Sportino Borghetti è una pinta di ale, il Cosenza è lo Swindon Town, Massimo Palanca si chiama John Aldridge e il Ceravolo è Manor Ground. E così, immagini, storie, uomini e culture si sovrappongono in modo surreale. Il Tamigi nascente è la foce del Rio della Plata, la Fiorentina è il QPR, la Juventus è l’Arsenal, una fusione tentata con il Reading è il sogno di unire una provincia e due squadre.

Per un attimo, ma solo per un attimo, in un grande stadio italiano scorgo un manipolo di uomini in giallorosso guidati da un grande condottiero. Uno che assorbe vittorie e sconfitte con sorriso enigmatico. In tribuna a ritirare la coppa un tifoso speciale. Un uomo umile e silenzioso che rappresenta la storia. Un uomo che unisce ascesa e declino in un momento emozionale.

Emanuele Ferragina

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