Il Teatro di Calabria Aroldo Tieri presenterà una serata ispirata all’arte poetica e musicale di Fabrizio De Andrè. Lo spettacolo, che prevede parti recitate e parti musicali, interpretate dagli attori Aldo Conforto, Paolo Formoso (che ci accompagnerà con la sua chitarra), Mariarita Albanese, Anna Macrì, Salvatore Venuto, accompagnati dai musicisti Maurizio Lupis alle tastiere e Consuelo Abdel Hafiz Mohamed alle percussioni, sarà incentrato sui brani dell’album “La buona novella”. Il prof. La Rosa ci regalerà piccole lezioni di poetica e letteratura che faranno da commento ed introduzione ai brani: Il ritorno di Giuseppe; Il sogno di Maria; Ave Maria; Maria nella bottega d’un falegname; Via della croce; Tre madri; Il testamento di Tito. La meditazione sulle figure della religione cristiana e sulla loro avventura terrena viene sviluppata da De André sulla scorta dei Vangeli cosiddetti ” apocrifi “, cioè su testimonianze che privilegiano piuttosto il lato umano che non quello divino della sacra famiglia. Questo consente a De André di rivestire di poesia, probabilmente la più alta della sua produzione, la riflessione sul mistero più profondo della spiritualità umana: il mistero dello Spirito che si fa carne e storia, e quello della Storia che diventa cammino universale.
La cittadinanza e gli appassionati sono invitati a intervenire.
« Quando scrissi “La buona novella” era il 1969. Si era quindi in piena rivolta studentesca; e le persone meno attente – che poi sono sempre la maggioranza di noi -: compagni, amici, coetanei, consideravano quel disco come anacronistico. Mi dicevano: “cosa stai a raccontare della predicazione di Cristo, che noi stiamo sbattendoci perché non ci buttino il libretto nelle gambe con scritto sopra sedici; noi facciamo a botte per cercare di difenderci dall’autoritarismo del potere, dagli abusi, dai soprusi.” …. Non avevano capito – almeno la parte meno attenta di loro, la maggioranza – che La Buona Novella è un’allegoria. Paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del movimento sessantottino, cui io stesso ho partecipato, con quelle, molto più vaste spiritualmente, di un uomo di 1968 anni prima, che proprio per contrastare gli abusi del potere, i soprusi dell’autorità si era fatto inchiodare su una croce, in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali. »
(Dal concerto al teatro Brancaccio, 14 febbraio 1998)
Fabrizio Scarfone