CNC e il riordino delle Province

La politica calabrese non ha ancora sufficiente maturità per risolvere da sé i suoi problemi. La non decisione scaturita in merito al riordino delle province è la cifra più significativa di tale immaturità; ma non è il primo indizio, e temiamo che non sia neppure l’ultimo.

Di fronte alle sfide che di volta in volta si presentano dinanzi alla necessità di operare scelte chiare ed inequivocabili, succede invece che la politica nostrana preferisca ricorrere allo scaricabarile o – come nel caso citato del riordino degli enti intermedi – a posizioni che denotano titubanti irrisolutezze. Eppure in alcune fattispecie, come nel caso appunto delle province, e stante le indicazioni obbliganti provenienti da Roma, non era difficile pervenire a conclusioni nette quali quelle dettate dal buon senso: se i territori di Crotone e Vibo non hanno più possibilità di mantenere i rispettivi enti intermedi, la risposta logica non può che essere il ripristino della vecchia provincia di Catanzaro comprendente quei territori. E invece no. La politica si aggroviglia in soluzioni insolubili nel tentativo tantalico di far apparire come giuste, in nome degli svettanti campanili calabri, le ipocrisie di quanti non riescono ad ammettere che la tripartizione di Catanzaro nel ’92 è stato un clamoroso errore. A cui oggi si potrebbe porre rimedio, se no fosse che la politica calabrese è inadeguata allo scopo: si veda la bizzarra unità di intenti del Consiglio Regionale che ha pilatescamente deciso di non decidere, demandando tutto al potere romano. Così si assiste da una parte ai miasmi di chi rivendica il mantenimento dello status quo, dall’altra registriamo timidezza ed esitazione dei politici catanzaresi che sembrano avere uno strano timore, se non vergogna, ad affermare la legittimità del ritorno alla vecchia provincia di Catanzaro. Ad essere sinceri abbiamo apprezzato le rimostranze del sindaco Sergio Abramo il quale – sul tema – ha dichiarato che qualora il territorio crotonese fosse accorpato non già alla provincia madre di Catanzaro ma a quella di Cosenza, rassegnerà le dimissioni in segno di protesta. Ci sembra una buona reazione rispetto ad una politica che naviga in una sterminata palude di piccolezze dove registriamo – come nel caso di queste ore – la conventicola di firmaioli in fregola di bellurie che portano appeso al collo il bavaglio del compromesso, dell’ipocrisia, del non dire, del non decidere. Se il sindaco della città capoluogo conta qualcosa in termini politici, è questa l’ora di dimostrarlo di fronte all’intera regione annunciando inoltre che – qualora non avverrà la ricomposizione storica della provincia di Catanzaro – chiederà  le dimissioni di Scopelliti (la cui influenza è forte non solo alla Regione ma anche a Catanzaro e Crotone); analoghe iniziative traumatiche dovrebbero prendere gli assessori, i consiglieri regionali catanzaresi, i parlamentari. Ma anche il sottosegretario Catricalà dovrebbe interessarsi della faccenda: è impensabile che due-tre parlamentari cosentini debbano dettare legge e decidere l’accorpamento di Crotone a Cosenza!

Abbiamo bisogno di politici in grado di assumersi la responsabilità.  Allo stesso modo non si capisce perché tutti dicono di riconoscere l’anomalia e lo spreco delle due sedi istituzionali calabresi, ma nessuno ha sufficiente coraggio per intavolare discussioni che sanino questo problema quarantennale. Infine ribadiamo un concetto già da noi espresso: l’eventuale ripristino della vecchia provincia di Catanzaro dovrebbe fondarsi, anche qui, su capisaldi di maturità politica tale da valorizzare al meglio le peculiarità e la rappresentanza di quei bellissimi territori del crotonese e del vibonese, in una sinergia responsabile fra i soggetti politici di tutte le aree. La storia ha insegnato che rimanere da soli non è stato produttivo: ripartiamo da dove ci eravamo lasciati, ma con l’auspicio che il processo sia guidato da una classe politica più matura.

 

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Redazione

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