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Il gol che non arrivava e il Toledo ritrovato: parabola in giallorosso

L’editoriale di Francesco Ceniti

Era da un mese che le vibrazioni da partita non trovavano il loro sbocco naturale: l’esultanza post gol. Per tre partite (più una domenica senza calcio, un supplizio nel supplizio) la tifoseria giallorossa ha dovuto frenare il suo entusiasmo. Certo, il Catanzaro continuava a dare buone soddisfazioni andando a pareggiare contro avversari difficili, ma non si può mettere a confronto uno 0-0 con la sensazione che regala il pallone quando gonfia la rete. Insomma, pur mantenendo la calma era chiaro che la cosa dava fastidio. E non solo ai tifosi: pure i calciatori non vedevano l’ora di spezzare questo digiuno (prolungato da pali e traverse). La frenesia di molte conclusioni si possono ricondurre a questo stato d’animo (pensiamo a Ferrigno, ad esempio). Così, poco alla volta, la fame da gol è lievitata come un pan di Spagna.
Questa storia si è magicamente intrecciata con un’altra, ancora più complessa. L’estate di Toledo non è stata semplice. Lui, il brasiliano coccolato e venerato da tutta la città, aveva trascinato la squadra verso una rimonta incredibile: dalla zona anonimato ai play off. Fino alla finale, per centrare una promozione che sembrava non conoscere l’indirizzo del Ceravolo. E la maledizione continuò anche il 15 giugno, con i tifosi giallorossi increduli per l’ennesima sconfitta. Non solo, molti di loro si sentirono traditi proprio da Toledo che pagò più di tutti l’emozione di una gara importantissima, facendosi espellere in modo sciocco proprio quando la squadra era impegnata in una faticosa rimonta. Qualcuno, accecato dall’ira, cercò persino di aggredire il giocatore. Non era quella la faccia di Catanzaro e il brasiliano, dopo l’iniziale choc, lo ha capito.
La malattia della madre lo ha tenuto lontano nella fase più importante (il ritiro pre-campionato), ma quando è rientrato in Calabria ha trovato le pacche della gente che gli chiedevano di ritornare a volare sulla fascia. Anche un tecnico dall’apparenza burbero come Braglia ha subito “adottato” Toledo, dandogli fiducia e maglia da titolare. Il resto lo conoscete tutti: i giallorossi s’impongono come una delle formazioni protagoniste del torneo e il merito è anche di Toledo. Ma le prestazioni del brasiliano non sono alla sua altezza. Per carità, sempre un pericolo per le difese avversarie. Solo che, quasi fosse uno studente di talento, potrebbe fare molto di più.
La preparazione non svolta in estate c’entra, ma non spiega tutto. La verità è che l’esterno ha voglia di dimostrare il suo affetto verso una città che, dal punto di vista calcistico, gli ha dato tutto. E quando si vuole troppo una cosa, il rischio è di volare basso. Così proprio con l’Acireale si chiude il cerchio: Braglia decide di lasciare Toledo in panchina. Non deve essere stata una domenica felice per il brasiliano. Il “pater familias giallorosso”, però, deve averlo guardato negli occhi durante la settimana e ha capito che la pantera era pronta per ruggire.
Nel posticipo contro il Martina un’intera tifoseria aspettava da quasi un mese una scusa (leggi gol) per festeggiare. Toledo era da sei mesi che aveva qualcosa dentro. La palla che schizza in rete ha interrotto questa macumba liberando il ragazzo dalla sua prigione di fantasmi. Basta riguardare il modo in cui il brasiliano esulta andando incontro alla curva, la sua curva. Da quel momento in campo è ritornato il giocatore ammirato nella scorsa stagione. In una parola: inarrestabile. Lunedì sera il Catanzaro non ha solo ritrovato la via del gol e quella del successo. Ha, finalmente, recuperato il pezzo da novanta. Quello che Braglia avrebbe fatto giocare insieme con lui in serie A.
Ora godiamoci l’ultima trasferta del 2003: a Teramo si chiude un anno incredibile per i colori giallorossi. Comunque vada per il Catanzaro sarà festa. Da gennaio ci ritufferemo verso nuovi traguardi. Con un Toledo ritrovato nel motore.

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Redazione

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