Il Rompicalcio

Il 10 luglio e l’esercizio della memoria

Scritto da Redazione
Sesto anniversario della scomparsa dell’US: non dimenticare è esercizio utile per godersi il Catanzaro di Cosentino


Ogni tanto, quando arriva in redazione un comunicato dall’ufficio stampa giallorosso, l’occhio cade inevitabilmente su quella dicitura: «La società Catanzaro Calcio 2011 comunica…». E nonostante i successi della nuova società targata Cosentino, la memoria corre veloce a quel 10 luglio 2006. Mentre l’Italia in festa aspetta gli eroi di Berlino, una città piange la scomparsa della sua squadra di calcio che gli aveva regalato tanta gioia e tanto lustro. che la proprietà e un’intera classe politica cittadina (e non solo) avevano sparso intorno all’US Catanzaro.

Fino alla sera prima, durante la notte mondiale, addirittura la mattina del 10 luglio qualche inguaribile ottimista sperava ancora che un miracolo politico-bancario potesse salvare il glorioso Catanzaro dall’onta del fallimento. Era tutto finto. Il Catanzaro era già morto da tempo: si trattava solo di come somministrare ai tifosi la pillola al cianuro per salvare, se possibile, la faccia e le carriere politiche. Evitando magari i processi. Naturalmente la missione è riuscita, almeno in parte. La vita andò avanti, un pallone giallorosso ancora gonfiato dalla politica fu rimesso in campo al “Ceravolo” per placare gli animi. In cinque anni siamo passati dalle sconfitte ai play-off con Soluri, Mancuso, Poggi&Parente alle sconfitte ai play-off con Aiello, Bove e Soluri. Fino alle 30 maledette domeniche che ci hanno condotto al fallimento di quell’aborto chiamato FC, nato meno di cinque anni prima dal genio e dall’inventiva dell’avvocato-senatore Pittelli.

Quel 10 luglio del 2006 sembrava la fine. Non sapevamo ancora che avremmo continuato a raschiare il fondo, scendendo sempre di più. Arrivando fino a perdere 6-0 a Sorrento in Coppa Italia e poi 21 partite in quarta serie con una banda sconclusionata di ragazzini mandati all’avventura da una pseudo-società senza proprietà. Nasce tutto da lì, da quel 10 luglio 2006, perché la storia non può essere riletta a pezzi ma è una sequenza di eventi causali legati tra loro. Ricordare quel giorno, a sei anni di distanza, non è autolesionismo. Riaprire quella ferita, in un momento finalmente bello per il calcio giallorosso, è un modo per non dimenticare e per non ripetere in futuro gli errori del passato. 

Godiamoci questo momento, godiamoci questo Catanzaro vincente. Che non è un miracolo come spesso ci succede di dire e di pensare. No, è il frutto di capacità imprenditoriale, disponibilità economica, passione calcistica e, perché no, un pizzico di lucida follia. Questo è il Catanzaro costruito da Cosentino e da CozzaChe sulle maglie porta di nuovo quel logo: un simbolo di un’intera città ammazzato quel 10 luglio del 2006. Sforzandoci di pensare e di sperare che tutto resterà sempre e solo confinato ad un prato verde. Elogi, critiche, gioie e dolori. Finché ce n’è.

Ivan Pugliese

ivan@uscatanzaro.net

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