Lettera ai tifosi giallorossi, orgoglioso di essere uno di Voi

Pubblichiamo un toccante post inserito nel nostro forum da Roberto Ceravolo, nipote del Grande Don Nicola

Grazie ad ognuno di quei 1499 di Acireale, a quei ragazzi che compiono chilometri e chilometri a vedere il Catanzaro, a quelli che a casa palpitano, ai molti altri che si aggiungeranno. Ringrazio tutti ogni giorno, perché ancora una volta mi sono sentito orgoglioso di essere giallorosso. Lo ero quando da ragazzo per nome e tradizione seguivo da vicinissimo le sorti della squadra, lo sono ancora oggi da medico, marito e padre che condivido con voi, da semplice tifoso, questo amore grande. Da medico del cuore vi posso dire che la nostra malattia è incurabile ed anche se lo fosse non darei medicine a nessuno perché è tanto bello essere malati! Sono orgoglioso, forse ancor più oggi, perché faccio parte di tutti voi, come voi della mia storia: i tifosi visti ad Acireale sono gli stessi di quelli che vedevo dal pulman della squadra a Brescia come a Milano. Sono gli stessi in epoche diverse. Anzi, forse c’è qualcosa in più: ieri c’erano anche i loro figli! E’ questa la magia che si compie ogni domenica e che nessuno potrà celare facendosi scudo dei risultati attuali. In serie A, come in C2 o in C1, il nostro amore è passato e passa di padre in figlio/a e tutto si compie mirabilmente attorno a due magici colori. Anche ieri ad Acireale ho visto il nostro grande cuore solcare lo stretto e protendersi verso il futuro. In quei bambini e dai loro occhi sfavillanti, mentre mostravano sciarpe e cappellini stretti nella morsa dei genitori, rivedo il fremito delle prime partite viste dal me al “Militare”, divenuto poi caramente “Ceravolo”. No, non c’è futuro per noi e per gli altri tifosi che verranno, se non ci raccontiamo questi palpiti, se non descriviamo cosa siamo veramente ai nostri figli. In quei ragazzi ai tamburi, in quei meravigliosi cuori giallorossi, si cela il mito che ci portiamo dentro ed il riscatto dagli anni bui e tristi. Si c’ero anch’io in mezzo a voi, come a Giugno, in quella curva ad Acireale, a rischiare insieme a voi indomiti giallorossi. Si, perché la tribuna si addice di più alle mie caratteristiche attuali ed al mio coraggio odierno. Ma, accanto a quelle bandiere, a quei cori, a quel sogno che condividiamo, il mio cuore si sentiva più “ al sicuro”, più “al calduccio”.
Il rientro è stato lo stesso di Giugno o come quello di mille altre volte. Si, perché noi giallorossi ci muoviamo in tanti e tante, troppe altre volte molti lo fanno anche per me. Per me che ascolto alla radio improbabili radiocronache e scorgo i canti ed i cori a me familiari. In quel momento, come i nostri calciatori, non mi sento solo, mi sento accanto a voi e qualcosa di mirabile si accende nel mio cuore. Il sogno si compie ancora dietro ad un pallone. Ho imparato ad amare il Catanzaro da un grande maestro e da suo fratello (mio padre), da vicino mi hanno insegnato la legge dello sport che è fatta di vittorie e sconfitte. Ho imparato a rispettare l’avversario (l’ho fatto anche ieri ad Acireale nei confronti dei tifosi). Mai ho udito, in famiglia, parlare male dei cugini cosentini o reggini e delle loro squadre. Ho imparato, però, a gioire intimamente e maledettamente quando le battevamo. Perché questa è la legge dello sport che è una legge che si compie sul campo. In questa società ed in alcuni componenti in maniera più spiccata riconosco questa grande caratteristica che è quella di essere uomini che dal campo hanno amato quel sano gusto della vittoria così tanto da farlo proprio nel momento dei programmi. Ecco, ringrazio fortemente anche questa società, che è finalmente pari alla grandezza dei suoi tifosi. Ringrazio fortemente quelle persone che hanno fatto si di poter rischiare ancora ad Acireale, di poter sognare insieme a voi. Da tifoso come voi spero che questo basti, perché il calcio è fatto di un pallone che rotola e da una zolla che, spesso, ne condiziona il tragitto. Non ci aspettiamo, quindi, chissà che cosa dal futuro, perché noi siamo il Catanzaro, quello che col sudore si conquista il futuro, quello che lotta e si inventa qualcosa, quello che la domenica si mette il vestito buono e compete con le stanze dei bottoni. Noi ci riprenderemo la storia se lo faremo con quella stessa umiltà e quella stessa tenacia che ci contraddistingue.
Facciamo si che la squadra senta tutto questo non con il peso dei ricordi, ma con la dolcezza del nostro grido, facciamo che i nostri giocatori comprendano questo sogno e che rendano sempre più dolci i nostri rientri dalle trasferte. Facciamo in modo che quel calduccio lo possano sentire nei loro cuori non come una morsa assillante, ma con un coro in più da una curva giallorosa. Solo allora, forse, il sogno potrà diventare realtà. Quel giorno spero di essere ancora accanto a voi, per coglierlo insieme e regalarlo anche ai miei figli Maurizio e Niccolò Ceravolo
Roberto Ceravolo (uno di voi)

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Redazione

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