Intervistiamo

Scopelliti, suo fratello e il sistema degli appalti a Reggio

Scritto da Redazione
Depositato il verbale dell’udienza del processo “Meta” in cui il colonnello dei carabinieri Valerio Giardina ha parlato della lobby affaristico-mafiosa che gestirebbe i lavori pubblici nella città dello Stretto.L’articolo del corrieredellacalabria.it

«”Il sindaco è messo da parte”, dal punto di vista operativo, cioè il sindaco non si sporca le mani con i soldi, non fa il contatto diretto, non gli danno la busta direttamente al sindaco, ma la danno a quello che raccoglie i soldi, che è suo fratello, direttamente!».
La trascrizione integrale della deposizione del colonnello Valerio Giardina illustra un quadro ancora più devastante per il governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, e per i sostenitori del “modello Reggio” che hanno azzardato addirittura la proposta di organizzare una manifestazione contro l’ufficiale dell’Arma che, in riva allo Stretto, ha messo la firma ai capitoli più importanti della lotta alla ‘ndrangheta negli ultimi anni.
Il colonnello Giardina ha solo risposto alle domande del sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo e del presidente del Tribunale Silvana Grasso.
E lo ha fatto partendo dalla viva voce di quegli imprenditori che il “sistema” hanno visto e conosciuto dall’interno. Nessun collaboratore di giustizia ha, infatti, rappresentato il punto di partenza dell’inchiesta “Meta”. Semmai, come emerge dal verbale d’udienza che ilCorriere della Calabria sta pubblicando, i pentiti riscontrano le risultanze investigative del Raggruppamento operativo dei carabinieri. In sostanza gli inquirenti hanno messo a nudo quello che, nel corso di un’intercettazione ambientale, è stato definito «tutto un filone», il giro di mazzette che gli imprenditori avrebbero pagato ai dirigenti di Palazzo San Giorgio per accaparrarsi gli appalti. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ricostruire questo «filone» a partire dal «ruolo fondamentale svolto dai tecnici comunali per conto della lobby affaristico-massonica-‘ndranghetista che ha i suoi protagonisti nei vertici della criminalità e nei vertici del mondo politico».
Un racconto dal quale si percepisce che i carabinieri del Ros, almeno per quanto riguarda le indagini sulla politica, hanno in mano molto di più rispetto a quanto emerso nell’inchiesta “Meta”. Si parla, infatti, di intercettazioni ambientali captate all’interno degli uffici comunali dove «noi – ha ricordato il colonnello Giardina – abbiamo messo una microspia».

L’INGEGNER PASQUALE CRUCITTI
Un soggetto di particolare rilievo investigativo è l’ingegnere Pasquale Crucitti, dirigente del settore Programmazione e progettazione di Palazzo San Giorgio. Una figura che il colonnello Giardina, riportando il contenuto dell’informativa consegnata in Procura oltre due anni fa, descrive come «fondamentale per realizzare il perverso circuito illecito dell’assegnazione degli appalti».
E per illustrare questo «circuito» è necessario partire da una conversazione intercorsa tra gli imprenditori Francesco Labate e Domenico Barbieri, quest’ultimo già condannato nel processo “Meta” a 10 anni e 4 mesi di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso.
I due lamentano il fatto di essere stati estromessi dal “giro” politico-mafioso di cui facevano parte e che, in passato, li ha arricchiti con numerosi appalti. Ma adesso le cose stanno cambiando in quanto «gli interessi» della lobby reggina si sono «focalizzati» sulla ditta EdilMa di Santo Marcianò.
L’ufficiale dell’Arma si sofferma anche sulla posizione del dirigente del settore Lavori pubblici Domenico Basile che, «in combutta con l’ingegner Crucitti Pasquale, si sarebbe preso alcune somme di denaro per favorire la “EdilMa”».
Legge le intercettazioni il colonnello Giardina: «Barbieri dice testualmente: “Aggiustare i lavori. L’hai visto «Edil Ma»? Come ha fatto ad entrare?”. “Io non sono riuscito a sapere con che…” risponde Labate, e Barbieri: “Con il fratello del sindaco!”. E Labate: “Con Crucitti proprio?”. E Barbieri: “Con il fratello del sindaco. È lui. I soldi se li sta prendendo il fratello del sindaco”».
Poi l’ufficiale dei carabinieri spiega quelle conversazioni: «Allora, Presidente (riferendosi al giudice Silvana Grasso, ndr), vorrei far notare questo. Barbieri: con il fratello del sindaco si prendono i lavori. Labate non è che risponde: sì, no, non ho capito. Risponde in un’altra maniera. Risponde: “Con il Crucitti proprio?”. Quindi, questo, secondo l’interpretazione del mio ufficio, fa capire come siano consapevoli gli imprenditori del binomio Crucitti– Scopelliti Consolato! Perché non è che, ripeto, dà una risposta affermativa o negativa. Aggiunge un nome in più a quella risposta, che è proprio Crucitti. Barbieri, quindi quasi stizzito, perché dice: allora non hai capito?, ribadisce: “Con il fratello del sindaco. È lui. I soldi se li sta prendendo il fratello del sindaco”. Labate: “«EdilMa»”. Barbieri: “Di tutti. Quello che si è riempito la mazzetta, quello che si è preso la «pila»”. E per “pila” si intendono i soldi».
Sempre nella stessa intercettazione, i due imprenditori si sfogano lamentandosi di essere stati esclusi. Rimostranze che Franco Labate aveva esternato anche al dirigente Crucitti. Racconta sempre Giardina: «Il Labate, quindi, nel corso del colloquio, che aveva avuto un incontro con Crucitti Pasquale, con il protagonista di questa vicenda, al quale gli aveva esposto tutto il suo disappunto per le scelte fatte dal Crucitti stesso, che lo avevano visto ovviamente danneggiato, perché non aveva avuto più possibilità di lavorare, nonostante gli sforzi che lui, il Labate, dice di aver fatto per poter dimostrarsi idoneo per la partecipazione e l’acquisizione ovviamente alle gare. E infatti dice: “Pasquale, gli ho detto io: adesso ai (hai, ndr) rotto…non frequento io a questo, non frequento a quello, e… omissis… non mi fanno incassare più, mi vogliono vedere morto, mi vogliono vedere morto”, riferendosi ovviamente alla parte economica, imprenditoriale, cioè non mi vogliono più (fare, ndr) lavorare, mi hanno tirato fuori dal giro. Qui, Presidente (il colonnello si rivolge sempre al giudice Grasso che presiede il tribunale, ndr), c’è un momento chiave secondo me, perché Barbieri cosa risponde? In questo momento i due sono solidali perché sono entrambi in difficoltà rispetto agli anni d’oro in cui loro governavano gli appalti, in questo momento sono un pochino in difficoltà. Allora, cosa gli dice Barbieri? Dice: nonostante, in buona sostanza, siamo amici, io non posso permettermi di appoggiarti e di entrare in contrasto con Crucitti Pasquale e il suo entourage, perché non dispongo di altre amicizie».
Pasquale Crucitti e Tino Scopelliti sarebbero quindi due dei protagonisti del «sistema perverso illecito».

L’INTERCETTAZIONE DI TINO
La conferma alle considerazioni sulla lobby, “intravista” ascoltando le conversazioni tra gli imprenditori Barbieri e Labate, si ha con l’intercettazione telefonica tra Pasquale Crucitti e Consolato Scopelliti.
«E cosa dicono praticamente? – prosegue la deposizione di Giardina che in aula riporta fedelmente il contenuto dell’intercettazione – Riguarda una richiesta di chiarimenti che Scopelliti fa a Crucitti. Vorrei leggere testualmente, e poi dare l’interpretazione del mio ufficio.
Crucitti: “Pronto?”.
Scopelliti: “Pasquale, buongiorno”. 
Crucitti: “Buongiorno, Tino, dimmi”.
Scopelliti: “Scusa se ti disturbo”.
Crucitti: “No, per carità”.
Scopelliti: “Senti, volevo ricordarti quella… ehm… quella situazione, quella pratica, quella strada là sopra Varetina (il riferimento è ad Aretina, una zona pedemontana di Reggio, ndr), ti ricordi? Te ne avevo parlato quando ci siamo visti in commissione più di una volta”.
Crucitti: “Sì”.
Scopelliti: “Siccome lì stanno lavorando proprio in zona in questi giorni…”.
Crucitti: “Hanno fatto delle pulizie, su quelle che sono le attività”».
«E qui Crucitti inizia a dare le spiegazioni – continua Giardina , e Scopelliti si limiterà ad emettere verbalmente delle affermazioni o delle negazioni senza commentare, tipico di chi riceve le novità, mi capita anche a me nel mio ufficio quando mi vengono a dare le novità, e uno ascolta, “sì”, “no”, senza aggiungere e né togliere niente. E Crucitti: “Hanno asfaltato qualche tratto da dove era possibile farlo”.
Scopelliti: “Eh, eh!”.
Crucitti: “Perché noi siamo intervenuti con urgenza, con delle contrattualità, che non dovevano andare manco là sopra”.
Scopelliti: “Ho capito”.
Crucitti: “Proprio in ragione di questa cosa qua. Tuttavia, però…”.
Scopelliti: “Eh!”.
Crucitti: “…Per le aree di Retina (sempre il riferimento è ad Aretina, ndr), eccetera, è già una proposta efficace, è quella delle opere di urbanizzazione, eccetera, che… essere acceso il mutuo”.
Scopelliti: “Mh, ho capito”.
Crucitti: “Quindi, opera già scritta al piano!”.
Scopelliti: “Ah! E passerà ancora qualche mese quindi?”.
Crucitti: “E passerà ancora qualche mese, sì, per l’assunzione, per l’approvazione del piano delle opere pubbliche”.
Scopelliti: “Eh!”. Crucitti: “E quindi l’inizio attività…”.
Scopelliti: “E va bene”.
Crucitti: “Però era stata già attivata, ecco”.
Crucitti (sic): “Ah, perfetto, va bene, okay”.
Crucitti: “Bene. Quindi, quello che abbiamo fatto, che sia la parte di tratti di asfalto”. Scopelliti: “Sì”.
Crucitti: “Sinceramente non so, perché sinceramente ho disposto soltanto in via generale le operazioni sul territorio cittadino, quindi non so il capitolo”.
Scopelliti: “Ho capito”.
Crucitti: “Ma so che lì è stato fatto qualcosa”.
Scopelliti: “Va bene”.
Crucitti: “E in più l’operazione di eliminazione di qualche frana”.
Scopelliti: “Mh!”.
Crucitti: “E di qualche messa in sicurezza di tratto stradale”.
Scopelliti: “Ho capito, ho capito, perfetto”.
Crucitti: “Va bene?”.
Scopelliti: “Va bene, così riferisco. Buon lavoro”.
Crucitti: “D’accordo, arrivederci”.
Scopelliti: “Ciao, Pasquale, grazie, ciao”. “Ciao”».
Il colonnello Giardina cerca di spiegarla in aula per far comprendere al Tribunale la portata di quella telefonata: «Quindi, Crucitti addirittura domanda alla fine se ha fatto bene il suo lavoro, e la risposta è altamente significativa: “Va bene, così riferisco, buon lavoro”. Non ritengo che Scopelliti Consolato avesse titolo a conoscere… perché in questa conversazione non c’è apparentemente niente di illegale».
Una intercettazione importantissima anche perché avviene il 3 marzo 2009, a pochi giorni dall’attentato in cui il dirigente comunale è stato gambizzato mentre rientrava a casa: «Questo era un aspetto che  abbiamo ritenuto di evidenziare, per proseguire nel nostro ragionamento».

I MANOVRATORI DELLA LOBBY
«A Crucitti gli hanno imposto il suo nome». La frase è stata pronunciata dall’imprenditore Franco Labate che, sempre con Barbieri, stava commentando l’assegnazione di un appalto a un’altra ditta.
«Questa – continua la deposizione di Giardina – è un’altra affermazione che ci apre uno squarcio su queste tematiche, perché alla fine se è vero che il protagonista del sistema perverso dell’assegnazione degli appalti è l’ufficio tecnico, ed in maniera particolare i due imprenditori, Barbieri e Labate, che sono perfettamente a conoscenza del sistema, individuano in Crucitti Pasquale il responsabile di questo meccanismo, quindi il braccio operativo che materialmente “sistema le cose” fra virgolette… a sua volta, (Crucitti, ndr) è un meccanismo in questo sistema più complesso, che non è riconducibile solo a Crucitti, cioè non possiamo pensare che sia Crucitti che si sia improvvisamente ideato tutto questo meccanismo. Crucitti, dietro somme di denaro, e vedremo delle affermazioni gravissime che vengono fatte nei confronti di Crucitti, assegna ovviamente i lavori sulla base di quelli che sono i nomi che a lui gli vengono imposti».
Alla domanda del pm Lombardo su chi sia il regista del “sistema”, il colonnello Giardina si rifà a un «un filo logico», dettato non dalle sue considerazioni ma «da quelle che fanno i protagonisti, perché loro ci arrivano piano piano! Frase per frase! Quindi… con i loro tempi e il loro ragionamento e la loro verità, perché loro sono i protagonisti di quella vicenda. Noi l’abbiamo vissuta capendola. Labate diventa ancora più preciso, riferendo che colui che ha imposto la ditta al Crucitti è colui che prende i soldi. Barbieri: “O con suo fratello o con qualche altro”. Labate: “Quello che sta prendendo i soldi è suo fratello. Vanno, vanno e trovano a suo fratello, ed è finita là. Il sindaco è messo da parte, non c’entra niente. Quello che raccoglie i soldi è suo fratello direttamente… Quindi, qui loro stanno parlando della parte operativa, cioè della parte “sporca”, se si può così definire fra virgolette. Chi è che materialmente fa gli accordi, prende i soldi, chi è che si “sporca le mani” fra virgolette? Il Barbieri dice: “Con suo fratello o con qualcun altro?”, essendo a conoscenza che evidentemente c’era anche qualcun altro, oltre al fratello, a prendersi i soldi, e secondo l’interpretazione del mio ufficio, il fratello di chi, di che cosa? Il fratello del sindaco, perché di quello si sta parlando fino a ora, cioè loro stanno parlando, non certamente noi altri».

L’INCOLUMITA’ DI FRANCO LABATE 
Le frasi del colonnello Giardina fanno riflettere chi ha assistito alla sua testimonianza nel processo “Meta”. Parla di regole di un sistema che a un certo punto ha girato le spalle all’imprenditore Franco Labate il quale, intercettato dal Ros, ha raccontato al Barbieri di un incontro avuto con il titolare di un’altra ditta che, a differenza della sua, riusciva ancora a lavorare con il Comune di Reggio.
«Quindi – si legge nella trascrizione dell’interrogatorio del militare – Labate a questo punto rapporta e riferisce al Barbieri un incontro che ha avuto con l’imprenditore Mimmo Camera, il quale contesta al Labate Franco, dice: “Perché non mi hai salutato? Che ti ho fatto?”, e dice: “E va beh, ci ho i miei problemi” gli risponde lui. E il Camera dice: “Ma mi ha chiesto pure l’assessore di questo tuo comportamento”. E il Labate dice al Barbieri di avergli risposto al Camera: “Gli ho detto: neanche l’odore del lavoro, guardate”. Cioè, quindi, non mi stanno facendo lavorare. E il Camera gli avrebbe risposto: “Non so. So però che cosa? Che stanno facendo sartoria a tutta forza a me!”, cioè che stanno parlando male di Labate, “quindi statevi attenti!”, cioè “stanno parlando male”.  Ovviamente qui non siamo al circolo ricreativo, dove il pomeriggio si incontrano i pensionati e si fa pettegolezzo; “stanno parlando male” nel senso che lo stanno tagliando dai lavori, quindi sono delle affermazioni anche gravi rispetto, mi permetta di aggiungere questo, rispetto anche all’incolumità personale del Labate, perché sulle assegnazioni degli appalti non si scherza, perché sono cose fondamentali, sono cose nelle quali le assegnazioni, come abbiamo visto e come vedremo da qui a poco, sono gestite dalla lobby, ma che è composta anche dalle componenti più importanti della criminalità organizzata, e quindi sono ragionamenti questi sui quali non si può sbagliare, perché ci sono le regole, quelle che con la pace mafiosa sono diventate regole da osservare in maniera ortodossa, pena rappresaglia! E Crucitti lo ha provato sulla sua pelle, perché è stato ferito».

IL “PIU’ CHE GIUSTO”
«Il “più che giusto” è la tangente che i tecnici (comunali, ndr) ricevono, e quindi danno per alcuni lavori di massima rendita economica rispetto ad altri di minore rendita a chi gli offre di più, sempre con riferimento a quel meccanismo che l’assegnazione è decisa non dai tecnici, ma dal livello superiore perché loro chiudono il cerchio del sistema».
Il colonnello Giardina chiarisce in aula che questa «non è un’interpretazione che dà il mio ufficio» che non ha fatto altro che analizzare le conversazioni, legarle e «trovare una logica conseguenza alle parole, alle frasi, alle intercettazioni nel tempo e alle intercettazioni prese da più parti, però sono loro (gli indagati, ndr) che fanno questi ragionamenti».

IL CERCHIO SI CHIUDE: PAOLO ROMEO E GIORGIO DE STEFANO 
«È il cerchio che si chiude, cioè il sistema ovviamente caldeggiato e garantito dal potere deterrente che ha la ‘ndrangheta, e creato unitamente al mondo politico di Reggio, al mondo politico che conta, quindi ai principali personaggi politici di Reggio, con ovviamente la partecipazione attiva degli imprenditori di riferimento, e abbiamo visto chi sono i protagonisti di questa storia, non c’è solo Barbieri e Labate, c’è Minghetti appoggiato dai fratelli Giglio, c’è Camera, abbiamo visto questo Mimmo Camera come emerge, e operativamente alcuni personaggi, soprattutto i tecnici, e fra questi si evidenzia principalmente l’ingegner Crucitti, ma anche l’ingegner Basile. Sono quelli che materialmente operano e gestiscono le assegnazioni degli appalti pubblici».
Fin qui, secondo il colonnello Giardina, è emerso il braccio operativo della lobby: «Ma il tutto, ovviamente, non può essere ricondotto alla realizzazione di un progetto in capo all’ingegnere Crucitti ovviamente, ma soltanto a delle menti più raffinate in questo, che hanno creato il sistema utilizzando ovviamente le varie componenti che abbiamo citato. Chi se non Giorgio De Stefano, esponente di spicco della famiglia De Stefano, e Paolo Romeo, persona che abbiamo descritto stamattina dal punto di vista anche della personalità e dell’inserimento in contesti ovviamente particolari. Secondo noi, il cerchio in questo senso è chiuso. Ecco, quindi, quello che possiamo definire “il modello Reggio”».

 

Fonte: www.corrieredellacalabria.it – Autore Lucio Musolino

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