Dalla Redazione

L’irrazionale desiderio di un ritorno

Cosa manca a questa squadra? Facile: Giorgio Corona. Analisi poco lucida, provocazione, semplice sogno di una notte di mezzo autunno

Una squadra terza in classifica si migliora con innesti mirati. Due o tre acquisti funzionali al progetto che consentano a un collettivo già competitivo il cosiddetto “salto di qualità“. Al di là degli scontri sul campo, lo sappiamo bene, come ogni anno sarà la partita che si disputerà in qualche stanza d’albergo milanese, a decidere in buona parte le sorti del campionato.

Salvatore Ferragina lo spiega ormai da mesi, a questo Catanzaro servono almeno due elementi: un esterno destro di centrocampo che sappia giocare le due fasi (attacco e difesa), e un difensore di buona statura che nasca come terzo mancino in uno schema a tre. La pensa così anche Ciccio Cozza, inutile negarlo. Ivan Pugliese nel suo Rompicalcio è andato pure oltre descrivendo la necessità di un’organizzazione stabile in grado di limitare gli errori e massimizzare gli investimenti. Tutto assolutamente razionale oltre che condivisibile.

Ma il calcio è spesso alchimia, non scienza. E allora voglio offrirvi uno scenario al quale hanno alluso di recente alcuni dei nostri affezionati lettori sul Forum e nei commenti agli articoli pubblicati in Home. Alcuni di voi, forse molti di voi, storceranno il muso (e lo avranno storto già alla lettura del catenaccio, immagino), altri staranno preparando il proprio messaggio di scherno (perchè “bisogna guardare al futuro, non al passato“). Eppure sono certo che una parte di voi, chissà quanto consistente, apprezzerà. E lo farà fino a cercare in Rete testimonianze video di quello che fu, immaginando magari dolcemente ciò che potrebbe ancora essere. E questa mi pare condizione sufficiente per andare avanti con la stesura del mio pezzo kamikaze

Giorgio Corona oggi ha 37 anni e va spedito, come solo il Tempo sa andare, verso i 38 (il 14 maggio prossimo). Per intenderci, ha un anno in meno di Javier Zanetti (classe 1973), uno che di mestiere fa il capitano dell’Internazionale di Milano. I contro di una – al momento inesistente – operazione Corona sono evidenti: l’età avanzata del giocatore e l’entità dell’ingaggio di chi solo qualche mese fa trascinava la Juve Stabia in serie B non sono dettagli di poco conto. Poi c’è la considerazione sull’organico giallorosso attuale e l’idea, probabilmente malsana, che l’attacco sia il miglior reparto del Catanzaro e vada lasciato così com’è.

In estate Corona incontrò la società giallorossa (forse addirittura Cosentino in persona), ci fu uno scambio di battute ma nulla di più: le intenzioni delle due parti semplicemente non coincisero. Corona andò a giocare al Messina tra i dilettanti e il Catanzaro puntò su altri calciatori (la maggiorparte dei quali rivelatasi assolutamente valida). In Sicilia Corona ha un contratto importante che al di là dell’ingaggio prevede un impegno della società peloritana per i giorni in cui Giorgio abbandonerà il calcio giocato.

Il Catanzaro, se improvvisamente – e con gaudio personale di chi scrive – fosse folgorato sulla via di Cinisi, cosa gli offrirebbe? Intanto una via di fuga da una Messina che non lo ha mai amato e nella quale oggi sembra vivere un declino atletico inimmaginabile fino a qualche mese fa. E poi una splendida suggestione.

Dopo aver disputato 206 partite in maglia giallorossa, segnando 70 reti, nel 1986 (a 33 anni) a Catanzaro fece ritorno il nostro O’Rey, una leggenda coi baffi: Massimo Palanca. Ritornò e riprese a deliziare ogni tifoso catanzarese fino al 1990 segnando altri 45 gol e riportando il Catanzaro dalla serie C alla B.

Dopo Massimo Palanca, un solo giocatore -e questo per onestà intellettuale tutti dovrebbero riconoscerlo- è stato capace di muovere il sentimento popolare in maniera simile: Giorgio Corona. A Catanzaro Corona è diventato “Re” dopo una carriera da splendido mestierante dei campi di quarta serie. Nella nostra città ha giocato 109 partite segnando 46 reti (ma alcune per bellezza valgono doppio) e da Catanzaro è partito verso la serie A per il coronamento del suo sogno sportivo. Ecco, il suo ritorno sarebbe paragonabile a quello di Palanca, non certo a quello del già dimenticato Ferrigno.

Al Catanzaro dei giovani porterebbe personalità e classe, mestiere e fiducia (oltre che gol, c’è da scommetterci). Ai tifosi catanzaresi ancora intontiti dagli Aiello e dai Santaguida degli ultimi anni regalerebbe puro entusiasmo e la consapevolezza che una storia interrotta ha ricominciato ad essere scritta.

Sia ben chiaro, queste righe non contengono consigli, solo piccoli grandi sogni da tifoso visionario. Caro Presidente (a proposito, Ni Hao ma?), il senso del calcio può trovarsi anche in un gesto apparentemente privo di razionalità e non pianificato, in un abbraccio apparentemente letale alla passione del tifoso.

Caro Giorgio, il senso della vita può trovarsi anche in un passo indietro, in una rinuncia consapevole…in un ritorno a casa.

Fabrizio Scarfone

f.scarfone@uscatanzaro.net

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