Intervistiamo

Il PD calabrese verso la fase congressuale

La nota di Salvatore Scalzo

Sarebbe davvero auspicabile che in una fase così importante del Paese e della regione, con un governo nazionale praticamente esanime e un governatore regionale che viene inquisito per fatti gravissimi (in altri tempi e in un’altra politica, ci sarebbe stato materiale sufficiente per dimissioni immediate), il nostro Partito democratico si concentrasse unicamente su un’opera convincente e appassionata di opposizione, che inchiodi i fallimenti del centrodestra a tutti i livelli e sveli, con voce unica e credibile, il programma alternativo che si è pronti a mettere in campo per la Regione Calabria e per l’intero Paese. 

Esisterebbero condizioni, vitalità ed energie nuove e motivate per mettere in campo i congressi locali e provinciali subito, ricostruire il partito sull’entusiasmo, la partecipazione, il servizio e l’appartenenza e disegnare un progetto di governo forte e condiviso con i cittadini. Invece iscritti ed elettori sono costretti ad assistere a lettere interne incomprensibili se non per gli addetti ai lavori; prese di posizione e segnali inquietanti di degenerazione profonda del correntismo nel senso dell’autoreferenzialità e dell’antidemocraticità, una nuova alzata di scudi di una serie di eletti che vogliono risolvere l’intera vicenda congressuale e l’intera fase di transizione del paese e della Regione attorno a un tavolo, fra pochi intimi sempre uguali a se stessi. 
Le correnti possono essere un’utile strumento di democrazia e discussione interna al partito, ma solo laddove esso ingeneri un sano e responsabile dibattito tra linee politiche. 

In Calabria l’impressione è che ciò non avvenga, che le correnti siano in fase di degenerazione, uno strumento che legittima gruppi e filiere precostituite, che offende la dignità della base, degli elettori, dei militanti, e comporta una instabilità profonda che nuoce alle forze sane perchè mina la credibilità e l’affidabilità del partito agli occhi di lavoratori, disoccupati, operatori economici e sociali. 

Il commissariamento, quand’anche segnato da qualche errore o qualche passaggio meno comprensibile, ha garantito quello che definirei l’elevamento del tasso medio di libertà presente all’interno del partito. Si sono aperti spazi di manovra importanti per le nuove generazioni, si [ riaffermato il senso delle regole interne, è stata restituita l’idea del partito come una macchina indipendente rispetto agli eletti e soprattutto avente il compito dell’analisi e della elaborazione delle proposte che gli eletti stessi devono riportare all’interno delle loro istituzioni. E quel nuovo PD che oggi chiede spazio è un PD al quale, non solo la base degli iscritti, ma anche l’elettorato guarda con speranza e fiducia. Certo molto lavoro ancora occorre nella costruzione di un’ossatura presente sul territorio e del consolidamento di una forma organizzativa forte che sia riferimento per iscritti militanti desiderosi di partecipazione, ma tutto questo lavoro si lega ai valori e al lavoro promosso nell’ultimo anno e allo svolgimento regolare e rapido dei congressi. 

La democrazia di un partito si sostanzia nella vitalità e nel potere decisionale affidato alla totalità dei suoi aderenti, ai circoli di base, e non a pochi eletti. E ai circoli e al dibattito politico vero sul territorio occorre consegnare le sorti del partito stesso, garantendo, come già deciso, lo svolgimento dei congressi provinciali entro dicembre / e solo dopo procedere alla fine del commissariamento. Ogni attività che voglia restituire poteri speciali o di coordinamento agli eletti e ai soliti maggiorenti (magari con il compito di stabilire a tavolino candidature per le prossime competizioni elettorali; laddove riteniamo che in assenza di opportuna modifica della legge elettorale nazionale la scelta dei candidati vada quanto meno e necessariamente affidata alle primarie degli iscritti ) è inammissibile agli occhi della speranzosa nuova generazione e agli occhi della base, un nuovo incubo Caposuvero che segnerebbe un passo indietro rispetto al progetto di rinnovamento della forma-partito e della classe dirigente che il PD nazionale e regionale hanno voluto raffigurare alla Calabria e al Mezzogiorno tutto. E un nuovo colpo a quel partito che da Roma alle sue articolazioni territoriali ha bisogno di parlare con un voce unica sui problemi del lavoro e della crescita economica piuttosto che concentrasi costantemente su primarie, congressi e distribuzione di poltrone. Centinaia di amministratori e militanti veri stanno solo aspettando il tempo di una ricostruzione vera e di una politica che torni a parlare il linguaggio del servizio e della speranza.

Autore

Salvatore Ferragina

Scrivi un commento