Il Rompicalcio

Il miracolo

Scritto da Redazione
Un anno fa il Catanzaro non esisteva più. Oggi, con l’entusiasmo della gente, si può investire sul futuro per tornare in alto

“” scriveva pochi giorni fa per Puntonet Giuseppe Bisantis. È proprio vero. Dal Neapolis al Neapolis sembra passato un secolo. In mezzo il naufragio di una stagione vergognosa, iniziata con la batosta in Coppa Italia a Sorrento e finita con una salvezza miracolosa per grazia ricevuta, passando per una sconcertante serie di sconfitte sul campo e di vicende fuori dal prato verde a metà tra lo scandaloso e il ridicolo. Dopo un anno il Catanzaro e i suoi tifosi possono rialzare la bandiera della dignità, ammainata da un po’ di tempo. Un miracolo se si pensa al settembre 2010.

RIECCO IL “CERAVOLO” – E allora riecco lo stadio colorato. La curva che si rianima e si riempie. Una coreografia per Vinicio, uno striscione di benvenuto e di ringraziamento per Cosentino. Gli stendardi giocano col nome del nuovo patron: “Amo solo 1 Cosentino”. Sembra davvero un miracolo: dallo stadio vuoto e chiuso di 12 mesi fa ad un “Ceravolo” di nuovo vestito a festa. Tornano gli Ultras con bandiere e striscioni, dopo un passeggero scioglimento e una parentesi elettorale poco fortunata. Torna una coreografia che coinvolge la curva dopo un po’ di tempo. Torna “Aquile, Aquile, Aquile” che risuona dagli altoparlanti. Torna persino Mirabello, riesumato in cabina di commento. In campo c’è di nuovo una squadra di calcio, non un’accozzaglia di giocatori senza capo né coda. Sulle maglie a strisce c’è persino il logo US. Hai detto poco. La folla si accalca agli ingressi: c’è entusiasmo. La squadra vince e diverte la sua gente, lo zoccolo duro che non ha mai lasciato soli i giallorossi.

BASE DI PARTENZA – Proprietà, squadra, tifosi: questa è la base da cui il nuovo Catanzaro può ripartire. Lo sbarco di Cosentino sui tre colli sembra aver risolto l’atavica mancanza di una proprietà solida. Se dimostrerà passione e lungimiranza, anche l’imprenditore-Cosentino avrà anche il suo ritorno economico. La squadra c’è, l’organico è folto ma, almeno per ora, gestito sapientemente da Cozza che ha già dato una chiara fisionomia di gioco. E ancora dobbiamo scoprire sudamericani e ultimi arrivati. Ci sarà da divertirsi, almeno speriamo.

MEZZO PIENO, MEZZO VUOTO – Infine, il pubblico. Dagli ambienti societari trapela un pizzico di delusione per la risposta dei tifosi giallorossi all’arrivo di Cosentino. Parliamo di abbonamenti e biglietti, naturalmente. Ma basta dare un’occhiata in giro per scoprire che la disaffezione verso il pallone è un fenomeno ampio e troppo complesso per essere ridotto a una battuta sui catanzaresi. In quarta serie, solo Perugia e Campobasso hanno presenze allo stadio simili a quelli di Catanzaro. La campagna abbonamenti sta per chiudere: il numero di tessere vendute si aggirerà tra le 500 e le 1000. Non sono molte? Forse. Sicuramente non sono poche. Le delusioni di questi anni non si cancellano con una spennellata alla biglietteria. E l’entusiasmo che si sta ricreando va cavalcato, non annichilito.

UNA NUOVA GENERAZIONE – C’è da ricostruire una generazione di tifosi del Catanzaro. Dopo la nostra, il vuoto. I “figli” dei centri commerciali, di iTunes e di Sky vanno riportati allo stadio, non insultati perché non ci vengono. Bisogna appassionarli, coccolarli, prevedere agevolazioni. I problemi organizzativi all’inizio dell’avventura erano da mettere in conto. Ma non è possibile che dopo 4 partite, la prevendita dei biglietti parte ancora al venerdì pomeriggio. I tifosi della provincia non sanno ancora a chi rivolgersi per acquistare un tagliando e finiscono nella ressa dei botteghini dello stadio. È difficile fare tanti abbonamenti o biglietti senza una campagna pubblicitaria, senza acquisti di grido, senza la presentazione della squadra in città senza il lancio di uno store ufficiale. Tutte iniziative fondamentali in questa direzione.

INVESTIRE PER CRESCERE – E poi serve un organigramma societario chiaro e definito. E soprattutto una figura dirigenziale che abbia ben presente tutti i problemi connessi all’organizzazione e alla gestione di una squadra di calcio. Il caos sulla “Tessera del Tifoso” ne è un esempio lampante. Senza tali figure, sarebbe utopistico anche pensare a un “Ceravolo” rinnovato, a un centro sportivo, a un campo di allenamento, a un settore giovanile che sia linfa per la prima squadra e per le casse societarie. La base di partenza è buona e i risultati del campo possono aiutare la società a lavorare con calma nella giusta direzione. Sono questi i prossimi passi da compiere, le scommesse da vincere col lavoro e gli investimenti. Oggi non serve più un miracolo.

Ivan Pugliese

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