Intervistiamo

Quale futuro per il ”Nicola Ceravolo”

Riflessione di Antonio Giglio di Sinistra Ecologia  e Libertà Catanzaro

Quale futuro per lo Stadio Nicola Ceravolo? Viene naturale chiederselo nel valutare gli effetti dei recenti lavori di ristrutturazione (alcuni dei quali ancora in corso), incisivi e costosi, che si ricollegano ad altri interventi effettuati negli ultimi anni sull’impianto di Via Paglia. Il problema che si palesa agli occhi dell’osservatore è che, per quanto onerosi ed impegnativi, tali lavori non rendono lo Stadio moderno e funzionale, ma hanno solo l’effetto di attenuarne alcune criticità senza intaccare i problemi sistematici di cui il vecchio Militare soffre per vetustà ed incuria. Ieri si è intervenuto sull’impianto di drenaggio del campo e sui tornelli, oggi su spogliatoi e tribuna stampa, domani dovrà toccare alla copertura della tribuna e così via, per i difetti strutturali di cui il Ceravolo soffre e che senza una seria pianificazione riemergeranno ogni anno con i caratteri dell’emergenza. Proprio qui sta il punto: pianificare il futuro dello Stadio. Si vuole puntare sul suo recupero senza prendere in considerazione soluzioni alternative? Bene; dunque si pianifichi un programma a lungo termine di interventi mirati ed organici. Si vuole vagliare l’ipotesi di un impianto fuori città, moderno e funzionale, in una delle poche aree non cementificate dell’hinterland catanzarese? In tal caso si apra un tavolo di lavoro e di studio, e si facciano i conti con risorse e competenze a disposizione.

L’essenziale è, quindi, dare una risposta, prendere una decisione. Quello che non si può fare, nel solco del malcostume cittadino che troppo spesso ha guidato l’agire politico in ogni ambito, è affidarsi alla (non)cultura dell’emergenza, ovvero intervenire solo in situazioni disperate per mettere pezze e pezzuole. Si apra un dibattito, in città, sull’impiantistica sportiva e sul suo futuro; si entri appieno nella cultura della programmazione qualificata e disinteressata. Magari, così facendo, ci si potrebbe accorgere che un’opera nuova converrebbe in termini di investimento urbano e potrebbe risultare anche meno onerosa della strategia delle “toppe”.

Autore

Salvatore Ferragina

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