Lettera aperta del Centro Calabrese di Solidarietà al Presidente Scopelliti

La nota di Don Mimmo Battaglia

 

Gent.mo Presidente,

mi ritrovo costretto a scriverLe, a distanza di un anno, considerato che le diverse richieste di incontro sono rimaste inevase, per rappresentarLe quanto segue:

a seguito di convocazione da parte dell’ASP di Catanzaro, il Centro Calabrese di Solidarietà, Associazione di cui sono Presidente e legale rappresentante è stato chiamato ieri alla stipula del contratto per le “prestazioni di assistenza alle persone dipendenti da sostanze di abuso”.
Dopo ampia illustrazione della proposta contrattuale che è stata appresa da noi solo in quella sede, veniamo a conoscenza che il nostro Budget è stato ulteriormente ridotto per l’anno 2011 rispetto all’anno precedente con l’assegnazione di 31 posti letto a regime residenziale a fronte di 69 posti letto regionali accreditati, ma soprattutto a fronte degli attuali 46 posti letto delle nostre sedi operative già occupati da pazienti della Regione Calabria.
Chiaramente abbiamo ritenuto opportuno chiedere un differimento alla firma dello stesso contratto al fine di formulare richiesta alla Struttura Commissariale c/o il Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria circa la scelta della mobilità regionale nell’area delle  dipendenze in ordine all’interpretazione dell’art. 3.

E’ doveroso da parte nostra sottolineare che l’ASP di Catanzaro, nella persona del suo Direttore Generale Dott. Gerardo Mancuso, è sempre stata accanto a noi e molto disponibile all’ascolto delle nostre problematiche e difficoltà. E per questo lo ringraziamo.    
Purtroppo la situazione come prospettata  non ci consente di poter continuare a garantire le nostre prestazioni (il nostro servizio!). 
Ci troviamo così costretti a dover chiudere completamente una delle tre sedi operative con l’inevitabile conseguenza della riduzione del personale operante e con, a nostro avviso ancor più grave, l’apertura di trattative sindacali che ad oggi non hanno mai interessato la nostra realtà. E non solo… ci vediamo altresì costretti a dover immediatamente dimettere (senza che  l’iter terapeutico – riabilitativo sia stato completato) 15 ragazzi calabresi.  
A questo punto, Sig. Presidente, Le rivolgo cinque domande che da ieri mi assillano:
1)    Che fine faranno i ragazzi che dovremmo dimettere, e quale criterio dovremmo utilizzare sulla scelta? 
2)    Chi avviserà le loro famiglie che ancora una volta vedranno i figli tornare a casa senza che questa società sia stata in grado di dare risposte al loro disagio? E cresce perciò la paura, l’emarginazione, l’esclusione.
3)    Chi si assumerà la responsabilità di licenziare 10 educatori della nostra Associazione che da anni operano nelle nostre sedi e che improvvisamente si vedono catapultati nel mondo della disoccupazione, incrementandola,  insieme alle loro famiglie?
4)    Come intende risolvere la scelta della mobilità intraregionale nell’area delle dipendenze la Struttura Commissariale c/o il Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria? (non si rende forse necessario regolamentare con apposita circolare esplicativa i rapporti tra le diverse ASP regionali e le strutture accreditate circa  la modalità di acquisto delle prestazioni?) 
5)    E in ultimo aggiungiamo: la nostra Associazione è aderente al CREA Calabria (Coordinamento Regionale degli Enti Ausiliari). Nell’ambito delle proprie funzioni ha fatto richiesta lo scorso inverno all’On.le Orsomarso da Lei delegato all’area delle Dipendenze, di prospettare agli allora Commissari Straordinari delle diverse ASP Regionali, l’opportunità di spalmare il fabbisogno di n. 490 posti letto suddivisi per Provincia nell’ambito del Decreto Regionale n. 18/2010 – “Il riordino della rete territoriale” – in considerazione che le Comunità Terapeutiche sono accreditate per n. 463 posti letto a regime residenziale coprendo così l’intero fabbisogno regionale. Perché tale proposta non è stata presa in considerazione? 
Mi creda, egregio Presidente, che disagio per me, prete che vive l’esperienza e la fatica della strada, parlare di acquisti e numero di  prestazioni sulla pelle dei tanti ragazzi che quotidianamente bussano alle nostre porte. Che disagio e che fatica! Altro che centralità e dignità della persona.

A questo punto sono io a farmi una domanda: le mie richieste resteranno ancora una volta inascoltate? 
Se così fosse, è chiaro a tutti, che l’esperienza del Centro Calabrese di Solidarietà dopo 25 anni, è al suo epilogo.

Autore

Salvatore Ferragina

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