Gli auguri di Buona Pasqua dell’Arcivescovo Ciliberti

Ci sono tempi per l’uomo in cui si avverte il bisogno di interiorizzare la riflessione. Certamente il tempo pasquale è uno di questi momenti suggestivi e assai belli.

            Rivisitando la storia delle più grandi civiltà, riscopriamo come nel momento più alto della loro maturità culturale esse avvertano il bisogno di ingraziarsi la benevolenza della divinità per essere purificati dalle infedeltà e dal peccato.

            Per ottenere la sperata purificazione, esse celebravano il sacrificio, immolando un capro o un toro il cui sangue versato doveva costituire lavacro di rigenerazione e strumento di pacificazione con Dio.

            Il sacrificio, quindi, costituiva l’espressione più alta della maturità culturale e il mezzo efficace per recuperare la pace nella comunità e la personale rasserenazione interiore

Ora, il sangue di una creatura immolata non ha il potere di pacificare l’umanità peccatrice col suo Dio. pertanto c’è bisogno di un gesto di valore infinito. Proprio perciò i sacrifici dell’antico tempo sono solo segno profetico del sacrificio più autentico e vero che si sarebbe compiuto nella pienezza dei tempi: il sacrificio pasquale.

            In esso, infatti, non è una semplice creatura che si immola, ma è l’uomo-Dio, Gesù Cristo Figlio di Dio.

Nell’unità della sua persona, Gesù coniuga armonicamente le due nature: l’umana e la divina. Egli è vero uomo e vero Dio.

            Proprio perciò le opere che Egli compie sono di valore infinito.

            La sua immolazione sull’altare della croce, nell’evento pasquale, costituisce l’unico e vero sacrificio, di valore infinito, capace di riscattare l’uomo alla sua dignità di Figlio di Dio e di riconciliare l’umanità peccatrice col suo Creatore.

            Possiamo affermare, nella verità della fede che ci sostiene, che per l’uomo di tutti i tempi non c’è altra possibilità di salvezza al di fuori di Gesù Cristo! Gesù Cristo è l’unico salvatore, ieri, oggi e sempre. Egli ha pagato il nostro riscatto a prezzo del suo sangue.

            Il segno efficace di questa verità lo troviamo nella sua risurrezione, come vittoria dela vita sulla morte: “resurrexit vere, sicut dixit!”.

            L’evento pasquale, perciò, non può lasciarci indifferenti, ma deve coinvolgerci fortemente.

            Come Gesù dobbiamo saperci immolare, mediante l’oblazione di noi stessi, per implorare la benevolenza divina sulla nostra umanità e, nella presenza viva del suo amore, assaporare la novità della nostra vita!

            Dobbiamo morire al peccato per risorgere alla vita nuova! E nella bontà delle opere rendere visibile la forza della resurrezione. Perciò, bisogna impedire alla cultura della morte di innescare la sua potenza distruttrice: guerre, odio, illegalità terrorismo e criminalità, immoralità e miseria, asservimento dei deboli e abusi sui minori.

            Nella nostra Regione, poi, “la cultura della morte assume forme  particolari: criminalità organizzata, corruzione, mala sanità, cattiva gestione della cosa pubblica, mancanza di politiche sociali a favore dell’occupazione, della famiglia, della scuola, individualismo esagerato, sfruttamento del lavoro nero, rassegnazione, fatalismo, sottosviluppo, mancanza di infrastrutture necessarie per l’armonico e integrale sviluppo delle persone e del territorio”.

            Ma proprio in questo contesto, l’onnipotenza del Risorto che vince il male e la stessa morte, potrà liberare i germi di bene  presenti nel cuore dell’uomo: solidarietà, accoglienza, amicizia, ospitalità, abnegazione, generosità, fraternità.

            È necessario, perciò, aprire il cuore all’incontro con Cristo, quando ci si lascerà incontrare dal Risorto e illuminare dalla sua luce, ciascuno diventerà annunciatore gioioso della risurrezione. Si avvertirà l’inizio di una vita nuova: alla paura subentrerà il coraggio, alla delusione succederà la speranza, alla falsità seguirà lo splendore della verità, alle divisioni la bellezza della comunione.

            Allora la Pasqua non sarà soltanto un momento passeggero di festa e di scambio di doni, accompagnati da formalismi augurali, ma diventerà la dimensione permanente nella quale dobbiamo ritrovarci da risorti per testimoniare con la bontà delle opere quanto il Signore ha fatto per noi proprio nell’evento pasquale.

            Nella luce di queste semplici riflessioni, il mio augurio vero, che trascende di gran lunga i formalismi della convenienza, si fa anche fervida preghiera, perché quanto abbiamo meditato nella verità della parola si incarni nella nostra vita e diventi l’anima della nostra missione nella Chiesa e nel mondo.

Buona Pasqua!

 

Autore

Salvatore Ferragina

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