Bluecall srl. Nessun salario, nessun diritto, nessun futuro

Dopo Phonemedia un dramma sociale ancor peggiore per centinaia di giovani calabresi. La nota stampa di Daniele Carchidi, Segreteria Regionale  SLC CGIL CALABRIA

 

Lo scorso 28 febbraio si apriva a Roma la Terza Conferenza Nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori dei call center organizzata dalla segreteria nazionale della SLC CGIL dal titolo “Salario, diritti, futuro. Quadriamo i conti”. Una due giorni in cui si è fatto il punto, insieme ai quadri dirigenti e ai delegati delle principali aziende del settore, sulla difficile situazione dei call center, cercando di offrire ed avanzare proposte per l’immediato futuro. Un settore, quello dei call center, che ha risentito in modo particolare della crisi che ha colpito il paese in questi anni: 8mila posti di lavoro persi negli ultimi due anni, 13mila addetti in bilico in tutta Italia previsti per il 2011 su un totale di 67mila lavoratori del settore, sono i preoccupanti dati riportati nel “Quarto Rapporto sulla dinamica occupazionale nei call center in outsourcing”. La crisi generale che ha colpito l’Italia sommate alle scelte scellerate del Governo hanno riportato nel settore delle TLC problematiche come, la deresponsabilizzazione dei grandi committenti; la ripresa del lavoro nero e precario; l’assenza di una politica per il settore; l’inefficacia dei servizi ispettivi; appalti improntanti al principio del massimo ribasso che penalizzano la qualità a solo vantaggio della competizione sui prezzi. Ed è proprio in questo contesto, così drammatico, in cui si pone l’azienda Bluecall Srl. Una azienda che agli inizi del 2010 contava oltre mille, tra dipendenti e collaboratori, in ben 4 sedi operative, tre delle quali in Calabria. Infatti, oltre alla sede di Cernusco sul Naviglio, la Bluecall Srl contava agli inizi del 2010 due sedi operative nella provincia di Catanzaro (Borgia e Catanzaro Lido) e una nella provincia di Cosenza (Rende). Nella sola Calabria erano circa 700 le lavoratrici ed i lavoratori, che, specie a Catanzaro, dopo essere stati vittima del ciclone Phonemedia, avevano trovato in questa nuova realtà occupazionale uno spiraglio, una speranza, una possibilità di reddito dopo essere stati vittime di una truffa fallimentare dalle catastrofiche proporzioni. Ma in poco tempo ci si è resi conto che quella che appariva come una speranza per centinaia di giovani calabresi, è diventata la più amara delle beffe. In poco più di un anno questa azienda nel capoluogo di Regione è partita da zero, assumendo in breve tempo circa 500 lavoratori, ovviamente tutti con contratti precari, per poi svanire nel nulla al 31 dicembre 2010. Nello sparire da Catanzaro, oltre a far ingrossare le fila dei disoccupati, ha lasciato centinaia di stipendi da pagare e lavoratori impossibilitati ad accedere anche a forme di sostegno al reddito. Una azienda, che a tratti risulta difficile definire tale, che ha sottoinquadrato i propri dipendenti, sottopagandoli (quando li ha pagati!!!) non rispettando in più parti il contratto collettivo nazionale, che ad oggi risulta in arretrato con i pagamenti di diverse mensilità spettanti, nonostante continui a produrre, gestendo commesse anche di una certa importanza. Nonostante diverse siano state le diffide accertative delle strutture ispettive, seppur il Tribunale di Catanzaro abbia reso esecutivi diverse ingiunzioni di pagamento, ancora ad oggi questa azienda deve ai propri ex dipendenti diverse mensilità, per una somma complessiva che superebbe le centomila euro. Eppure, chi sottopagato, ha deciso di continuare l’esperienza presso Bluecall, nonostante i reiterati e continui ritardi nei pagamenti, il mancato rispetto delle minime condizioni garantite dal CCNL, questi lavoratori prestano la propria opera garantendo servizi in ed out bound per aziende che risultano leader nel settore delle telecomunicazioni, e non solo. Wind, Edison, TeleTu, Mediaset questi i committenti che ancora ad oggi forniscono lavoro ad una azienda che lede la dignità dei propri dipendenti e collaboratori, magari con appalti al massimo ribasso che sfavoriscono aziende e realtà produttive che nel settore garantiscono buona occupazione. La SLC CGIL Calabria dopo aver espletato tutti i tentativi di mediazioni, aver intrapreso le vie legali, non intende fermarsi, ed espleterà ogni elemento utile a garantire le spettanze dovute, anche ricorrendo a pignoramenti, richiamando alle proprie responsabilità in solido anche le aziende committenti. Come SLC CGIL Calabria, abbiamo dato inoltre mandato ai nostri uffici legali al fine di valutare l’apertura di una eventuale procedura fallimentare, al fine di garantire quanto dovuto alle lavoratrici ed ai lavoratori coinvolti in questa ennesima macelleria sociale. Riteniamo inaccettabile inoltre, la deresponsabilizzazione dei grandi committenti e l’atteggiamento scellerato del governo, i quali permettendo gare al massimo ribasso, creano “non lavoro” e favoriscono fenomeni di dumping che rischiano di mirare ulteriormente ad una già precaria qualità occupazionale nel settore. Serve una seria e concreta politica industriale di comparto, che garantisca diritti, salario e futuro, per le migliaia di lavoratrici e lavoratori che gravitano nel settore, specie in terre, come quella calabrese, in cui il “call center” si prospetta quale unica possibilità lavorativa.

Autore

Salvatore Ferragina

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