I minori reclusi raccontati da chi apre e chiude le celle

La diretta testimonianza di un agente penitenziario ai corsisti di “LeAli al Futuro”

Un’ esperienza insolita ed in grado di arricchire  coscienze e conoscenze di oltre un centinaio di corsisti. Ad animare, infatti, la settima lezione del Progetto interministeriale “LeAli al futuro”, stavolta,  non c’erano magistrati, direttori di istituti carcerari,  psicologi o altri professionisti del settore; bensì Vincenzo Gigliotti, agente scelto di Polizia Penitenziaria presso il minorile “Silvio Paternostro” di Catanzaro, il quale ha rappresentato nell’auditorium dello stesso Istituto penale, uno spaccato quotidiano sulla vita, i pensieri, le attese e le considerazioni dei giovani reclusi e del loro rapporto con il personale in divisa. “Il carcere è un contenitore che racchiude molto più di quanto può scrivere qualsiasi trattato – ha detto Gigliotti – perché  questa struttura comprende tutte le diversità e supera ogni teoria”.

Come si pone un’agente penitenziario nei confronti dei giovani detenuti, dal punto di vista professionale ed umano? E’ ancora utile oggi la pena per rieducare e reinserire un ragazzo in società? Quale ruolo ha la scuola in tale processo di riadattamento? Quali modalità di approccio utilizzano gli operatori con i minori? Sono solo alcuni degli interrogativi posti dall’uditorio all’agente scelto Gigliotti il quale ha risposto riportando fatti di vita personali, episodi quotidiani di sentimenti o durezza d’animo che si riscontrano all’interno della struttura. “Faccio questo mestiere per caso – ha rivelato – ma ho imparato ad amarlo perché dietro ogni reato c’è una storia di cose tragiche, emarginazione, disagio. I ragazzi ci cercano perché siamo il tramite tra loro ed il resto della realtà; ci chiedono delle cose processuali ma ci tengono presenti anche per necessità personali”. Non sono mancati passaggi autocritici dell’agente, nei confronti della normativa che impone di rivolgersi con il “lei” al giovane recluso ma anche poi di contribuire al reinserimento tramite il dialogo ed un rapporto confidenziale; ed anche di una certa cultura mediatica che inquadra e descrive la figura dell’ex guardia carceraria come il depositario di un mazzo di chiavi che chiude ed apre ad orari preordinati. “No – ha incalzato Vincenzo Gigliotti – è bene precisare che sotto la divisa c’è una testa pensante, una persona che deve trasmettere con coerenza il senso della norme e delle regole, con competenza e preparazione”.

Sul piano pragmatico e puramente didattico si è poi intrattenuto Massimo Martelli, funzionario di professionalità pedagogica presso il Minorile e di supporto al progetto, assieme assieme all’insegnante referente Francesca Tedesco. Molto intensa la testimonianza di un baby-camorrista tratta da un’intervista nel programma Tv  “Le Iene”, in cui emergono ideali e conflitti ideologici dei minori costretti, malgrado l’apparente scelta volontaria, a delinquere.  Il docente ha poi letto il brano “Tra assenza e presenza” tratto da uno studio di Maria Gabriella Nicotra e Giulia Maria d’Ambrosio, interagendo con i corsisti a far emergere situazioni in cui – come accade spesso ai minori reclusi – si è presenti con il fisico ma assenti con la mente ed i sensi. Riprendendo infine i contenuti della prima parte della lezione con l’agente Gigliotti, Martelli ha ricordato i momenti più “forti” per i giovani reclusi dopo aver riacquistato la libertà: gli spazi aperti, la massa di prodotti in un supermercato, il silenzio del mattino antitetici al risveglio con la “battitura” metallica.    Il progetto “LeAli al futuro” è promosso dal Miur e dal Ministero di Grazia e Giustizia ed affidato in Calabria all’Istituto comprensivo “Vincenzo Vivaldi” di Catanzaro Lido,  da dove è coordinato dal dirigente scolastico Vitaliano Rotundo.

 

Autore

Salvatore Ferragina

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