Il Rompicalcio

Le ultime ore dell’Effeccì Catanzaro

Dopo 5 anni un altro fallimento. Ora l’ultimo treno per la ricostruzione o in alternativa memoria e oblio

E così, dopo soli 5 anni, anche l’Effeccì Catanzaro è arrivato a fine corsa e si appresta a scomparire. Restano poche ore prima della sentenza di fallimento che il giudice Song Damiani pronuncerà domani. L’agonia, tuttavia, è destinata a durare ancora per qualche mese. È assai probabile, infatti, che la nomina del curatore fallimentare sia accompagnata dalla concessione alla società di via Barlaam da Seminara dell’esercizio provvisorio per consentirle la prosecuzione del campionato in corso. La speranza è di salvare almeno il titolo sportivo ed evitare la radiazione dalla Federazione. Una speranza quasi illusoria viste le condizioni in cui versa la società giallorossa, strangolata dai debiti e definitivamente giustiziata dalla di questo campionato.

Diciamoci la verità. Questo Effeccì a -2, umiliato su tutti i campi più improbabili della Lega Pro, ha un appeal pari allo zero. E del resto i debiti avevano tenuto ben lontani eventuali compratori anche nel periodo in cui il Catanzaro di Auteri volava verso la C1. L’indifferenza degli operatori economici della città, il bilancio da profondo rosso e l’ottusità degli ultimi dirigenti, restii a mollare la presa e ora pronti ad affondare nel fallimento, ci hanno condotto a questa situazione ormai insostenibile. Sullo sfondo il fiume di denaro pubblico investito in una società che non rappresenta i tifosi del Catanzaro, mortificati e inermi di fronte a tale scempio. Soldi pubblici riversati nelle casse di una società che privata non lo è mai stata. Soldi pubblici che hanno segnato la resa di una intera classe politica, incapace di trovare una soluzione alla vicenda Effeccì. L’ultimo obolo da 30.000 euro – pare concesso dalla Provincia – sarebbe la firma bipartisan su un commissariameno della società che ha radici lontane.

Che parte dalle oscure , quando il sindaco Olivo e il presidente della Provincia Traversa consegnarono il titolo sportivo alla società messa in piedi dal senatore Pittelli che poggiava sui soldi del Coppola sbagliato. Da quel giorno, dal primo giorno della sua breve vita, la storia dell’Effeccì è stata una lenta e inesorabile china verso l’inferno del dilettantismo. Le poche gioie effimere, regalate da Domenicali, Provenza e soprattutto Auteri, si sono scontrate con compagini societarie nella migliore delle ipotesi incompetenti. E sono annegate sotto i colpi di Pescina e Cisco Roma, prima degli ultimi vergognosi 8 mesi che hanno fatto del Catanzaro lo zimbello dell’Italia pallonara

Tra le macerie di una difficile ricostruzione, per l’Effeccì non sembra esserci posto. Una creatura nata male e finita peggio. I complicati e interpretabili regolamenti federali lasciano aperte diverse strade per la rinascita. Strade strette ma percorribili, come hanno hanno fatto con grande umiltà altre realtà calcistiche importanti. Per percorrere queste strade non sembra necessario rilevare il titolo dell’Effeccì, anche se quella sarebbe la via più semplice. Per quanto ammaccato, basterebbe il blasone di Catanzaro e del Catanzaro per ottenere un posto tra i professionisti – o immediatamente a ridosso – vista la profonda crisi del calcio di Lega Pro. L’unica condizione necessaria è una proprietà vera, forte, seria, competente. Quella che manca dai tempi di Albano, a parte la breve parentesi – calcisticamente fallimentare – con Mancuso. Proprio nell’anno della scomparsa dell’ultimo Presidente con la P maiuscola, proprio nell’anno del quarantennale della prima serie A, passa forse l’ultimo treno. Certo con le elezioni comunali di mezzo, sarà difficile sperare di salirci sopra senza avere come compagni di viaggio politicanti di prima e seconda classe. Ma di treni ne abbiamo persi già troppi. Le alternative sono la memoria e l’oblìo.

Ivan Pugliese

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