Dalla Redazione

Palanca: «Meglio fallire e poi ripartire. A testa alta»

Durissima intervista di O’ Rey a Calabria Ora. Attacco frontale a una società inesistente e a imprenditori che si nascondono dietro un dito. «M’incazzo. Tutta l’Italia ride di noi»

Il grido di dolore di Massimo Palanca scuote Catanzaro. Il Natale è alle porte e il fallimento dell’Effeccì pure. E allora O’ Rey, in una lunga intervista al quotidiano Calabria Ora, si toglie qualche sassolino dalla scarpa, sferzando la sua città adottiva con un’analisi dura e spietata. Palanca ne ha per tutti: dirigenti, imprenditori, tifosi. La sua rabbia è la nostra rabbia. La sua indignazione è la nostra indignazione. E allora abbiamo voluto riportare qualche passaggio dell’intervista di Giovanni Bevacqua. La speranza è che le parole dell’idolo di intere generazioni di calabresi possano scalfire almeno in parte la torre d’avorio in cui questa dirigenza e questa classe politica si sono rinchiuse. Un bunker a difesa dello scempio consumato in questi mesi, che ormai sembra troppo fragile per resistere alle pressioni di una tifoseria stanca di essere presa in giro.

«RABBIA E INDIGNAZIONE» – «Provo quello che provano tutti, tanta rabbia ed indignazione. Non esiste una società quindi non c’è nulla di cui parlare. La squadra è abbandonata a se stessa e i calciatori vivono una situazione impossibile». A proposito dell’importanza del settore giovanile, Palanca indica la strada maestra: «I problemi ci sono ovunque ma le squadre che si trovano in maggiore difficoltà sono quelle che non hanno mai realizzato un settore giovanile. Alla fine tutti i nodi stanno venendo al pettine. Le società non hanno più risorse, non hanno un vivaio e quindi saranno costrette a chiudere». E ancora: «Il futuro è nei giovani. Oggi qualcuno ne parla ma solo per riempirsi la bocca e senza cognizione di causa. Dopo il fallimento in Sud Africa la prima idea venuta ai grandi del calcio è stata quella di puntare sui giovani. La verità è che queste persone oggi ammirano il Barcellona che riesce a vincere tutto grazie a nove elementi che provengono dal settore giovanile: vogliono imitarlo. Ma forse costoro non sanno che il Barcellona è da anni che segue un certo tipo di lavoro». Ma come, questo Effeccì non era improntato alla linea verde e alla gestione spartana?

«M’INCAZZO. TUTTA L’ITALIA RIDE DI NOI» – Il passaggio più duro dell’intervista Palanca lo rivolge alle ultime dirigenze che si sono susseguite fino a portare l’Effeccì in questa situazione drammatica: «Quello che sta succedendo a Catanzaro è paradossale, stiamo facendo ridere tutta l’Italia. Io vengo sempre accostato al Catanzaro e ne vado fiero. Però se ogni volta mi devo sentire parlare male della mia squadra m’incazzo». Cristallino. «Questo è un declino che inizia da lontano. Quella del Catanzaro non è mai stata una crisi tecnica ma una crisi di conduzioni, di scelleratezze varie, di personaggi che si sono avvicinati alla squadra solo per passerella o per qualche interesse personale. A questo punto è meglio fallire per poi ripartire da zero». E continua affondando il coltello nella piaga: «Sui giornali apprendo che il Catanzaro deve giocare a porte chiuse perché non ci sono soldi per pagare gli steward e il servizio biglietteria. Non si è mai vista una cosa del genere nella storia, non delle Aquile giallorosse ma del calcio in generale. È una cosa tanto incredibile quanto assurda». Sembrano le parole di un tifoso della strada, un tifoso come noi, tradito e arrabbiato perché ancora innamorato. Parole come pietre.

«SERVONO I FATTI» – Palanca ne ha anche per i tifosi che «sono giustamente incazzati però all’atto pratico non fanno niente. La verità è che in questi lunghi anni a Catanzaro non ha fatto niente nessuno. Si sono sentite solo tante parole ma quando c’era bisogno di fatti tutti si sono tirati indietro». Un argomento espresso meglio nella tirata d’orecchi riservata agli imprenditori. «Io non riesco proprio a trovare una spiegazione. È possibile che gli imprenditori non riescono a fare qualcosa? Il Bologna da poco è stato salvato dalla città. Non ci credo che a Catanzaro non ci sia un gruppo di imprenditori in grado di fare la stessa cosa. Bisogna capire che la squadra è un patrimonio della città e di chi si è ingrandito grazie ad essa. Non ci si può lavare le mani dicendo di non volere avere nulla a che fare con il calcio: è troppo facile! La verità è che a Catanzaro c’è chi potrebbe fare una guerra ma si nasconde dietro un dito». 

«RIPARTIRE DA ZERO A TESTA ALTA» – E allora qual è la strada per cercare di rinascere? «Io sono dell’idea che se si fanno i paragoni coi tempi d’oro ci si fa del male e basta. Secondo me bisogna capire e pensare esclusivamente a come stanno le cose attualmente, al Catanzaro di oggi. Da qui bisogna partire per ricominciare, con un progetto ed un programma serio e soprattutto con delle persone serie. Di questo c’è bisogno a Catanzaro: persone serie. Bisogna rimboccarsi le maniche e cercare di ricominciare. Non deve essere una vergogna ripartire da zero, ma bisogna farlo a testa alta. È successo anche alle grandi come il Torino e la Fiorentina, e stava per succedere al Bologna».

Il “Palanca furioso” chiude con un affettuoso augurio, non solo calcistico, di lavoro e benessere alla Calabria e al Sud in generale. «Il calcio è solo un divertimento e deve rimanere tale». L’ultima perla di saggezza di un grande campione. Ascolteranno almeno lui?

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