Dalla Redazione

Facce di bronzo

Dietro il fallimento dell’Effeccì la sconfitta di Catanzaro, dei suoi politici, dei suoi imprenditori

Che tanti catanzaresi sparsi in tutti Italia si stessero vergognando delle gesta della nostra squadra del cuore è un dato certo. Così come è un dato di fatto che tante altre facce di bronzo, dai dirigenti a tutta la classe politica cittadina, non provino neanche un minimo di vergogna.

Lo sputtanamento mediatico – dovuto al gesto che molto tempo addietro, in occasione del derby di Lamezia, i tifosi consigliarono ai calciatori – ha avuto il suo effetto. Una volta sui media si parlava del Catanzaro per le gesta calcistiche. Di come una piccola città di provincia poteva confrontarsi con le grandi potenze del nord. Oggi si parla invece di una piccola città di provincia che, attraverso le sue istituzioni, ha commissariato di fatto la squadra di calcio, rimediando figuracce settimanali.

Il logo “Città di Catanzaro” sulle magliette dell’Effeccì, che secondo gli esperti di marketing e comunicazione di Palazzo de Nobili doveva servire per rilanciare l’immagine della città, è cosa inutile, anzi dannosa. L’elenco delle inefficienze è infinito. Lo abbiamo scritto e detto tante volte. Non sappiamo più cosa aggiungere. Lo hanno detto anche i tifosi, i singoli o quelli organizzati, ma a poco è servito. Come se nulla fosse, le facce di bronzo (a quelle di Riace neanche li vedono) imperterrite continuano nella loro opera.

Gli pseudo-dirigenti, che pascolano nell’atrio di quello che fu il tempio del calcio in Calabria, passano il loro tempo fra discussioni d’alta finanza, tra bilanci e ricapitalizzazioni, tra cessione di quote e opzioni come se nulla fosse. Dall’altra sponda rispondono i “tavolari”. Tutti quei politici che hanno gestito il “rilancio” del calcio a Catanzaro, chiedono il consenso in piazza e sui media magnificando governi nazionali (grazie per averci dato Marzeglia!), metropolitane e parcheggi perennemente in allestimento, mega feste e sagre, concerti d’autunno, sondaggi di gradimento, classifiche di qualità della vita e soprattutto “gaviti e tombini”.

Questa è Catanzaro e questi hanno ridotto così il calcio a Catanzaro.

Adesso si dovrebbe parlare di futuro, ma com’è possibile farlo se chi è stato demandato da cittadini anziché remare verso un’unica direzione, vira per “trombare” l’altro? Ripercorrendo i mesi delle “tavolate”, è chiaro che chi si è esposto di più, di qualsiasi colore politico, è stato lasciato solo in balia della tempesta anche da esponenti dello stesso schieramento. Eppure la città è un bene comune e anche il Catanzaro, che ha coinvolto nel corso degli anni “patrizi e plebei” a fianco sulle gradinate del “Ceravolo” o in giro per gli stadi d’Italia.

Era un bene comune, poi è arrivato il tempo delle passerelle. Come non ricordare i cappellini allo stadio, anni addietro, in campagna elettorale; i convegni sul calcio nel periodo vincente; i dibattiti politici sul Catanzaro degli anni d’oro; le interviste tecniche del lunedì sulle pagine dei giornali a politici e imprenditori; i cartelloni pubblicitari del gotha della classe imprenditoriale della città. Adesso che il Catanzaro è morto non serve più parlarne e fare qualcosa. Ormai le nostre conquiste sono state ottenute: cosa volete che ci interessi più una palla che rotola e che coinvolge ventimila persone se queste poi ci votano o acquistano i nostri prodotti lo stesso?

Eppure adesso, rispetto a due mesi orsono, qualcosa è cambiato. C’è un bilancio approvato (almeno così dicono) c’è una rinuncia di “crediti” dei soci (almeno così dicono), ma c’è di mezzo soprattutto la professionalità di un notaio. Proprio questo dovrebbe servire a dissipare ogni dubbio a politici e imprenditori che nelle loro importanti questioni camminano di pari passo. Basti pensare alle sedute del consiglio comunale con approvazioni ad hoc di un solo punto all’ordine del giorno, poi tutti a casa alè.

Sia chiaro, non stiamo dicendo che bisogna omaggiare gli pseudo-dirigenti di cui sopra, ma almeno adesso c’è una parvenza sui conti. Dite sì o no. Non fatelo per noi, fatelo per voi, politici e imprenditori, perché fuori dal Sansinato la vostra immagine è rapportata a quel logo che sta marcendo sulle magliette della squadra di calcio. 

Altrimenti ditecelo chiaramente che ci adegueremo a stampatori e virtual.

SF

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