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L’Associazione Nuova Era commenta le dichiarazioni del Ministro Bossi

Le ultime esternazioni del Ministro Bossi meritano un commento a caldo, distante da un istintivo senso di indignazione e lontano dagli effetti morali di scuse, visibilmente poco sentite, prodotto di un voto di sfiducia minacciato.

Sono Porci Questi Romani. Si è dato anche allo studio del latino il Ministro per le Riforme Istituzionali, Umberto Bossi. E non ha trovato momento migliore per comunicarlo alle folle, che quello della premiazione di una bellona al concorso di Miss padania che si teneva in un paesotto della longobardia. Un noto appuntamento culturale per un’altrettanto forbita utenza. Palco vista risaia, camiciole da sagra, dizionario dal laghese all’italiano in pugno, abbiamo così appurato che l’Umberto studia la lingua dei nostri padri (dei nostri per l’appunto) e che la conosce talmente bene da lanciarsi in una ardita a e pretenziosa interpretazione del noto acronimo S.P.Q.R. a beneficio dei suoi sudditi. Le scuse, come sempre, parlano di fraintendimento e sono addirittura più imbarazzanti delle offese. Era solo una battuta. Ah ecco. Buono a sapersi. Altrimenti, se di ladri e porci si voleva parlare, bisognava passare a rassegna le file degli eroi che hanno dato i loro nomi alle piazze di troppe città, e ricordarsi di quei tipi che non erano mai andati più a Sud di Firenze ma che dalle risaie hanno ordinato il Sacco di Napoli, le stragi dei civili del sud che si rifiutavano di servire un “piemontese”; la sistematica razzia praticata in 150 anni in materia di diritti civili, nei confronti degli emigranti del sud prima, degli extra comunitari ora. I quartieri ghetto nel periodo dell’emigrazione dei meridionali nelle loro città del nord sono i quartieri ghetto per gli immigrati di oggi. La manovalanza in nero o a basso costo dei meridionali con cui hanno tirato su le loro fabbrichette, è la stessa che gli consente ancora  di ciarlare di sviluppo e produzione.

 E l’ignoranza e il tasso di civilizzazione sono, evidentemente, identici a quelli riscontrati dai Romani quando conquistarono Milano sconfiggendo gli Insubri. 222 a.C. 

Tasso questo, che nonostante la crisi non stenta a diminuire.

Nemmeno dopo aver ottenuto un aeroporto a due sputi da Milano, nemmeno dopo l’avvento di internet, nemmeno ora che con un click o un biglietto aereo si possono raggiungere le più grandi capitali del mondo, hanno approfittato per guardarsi intorno. Questi indomiti discendenti degli Insubri, non si sono accorti che Roma ha cambiato il mondo. Non si sono accorti che, da Roma in poi, il mondo è cambiato. Non si sono accorti che Roma è stata il modello che il mondo ha seguito per costruire nazioni, per far si che queste nazioni diventassero grandi.  La patria del diritto, l’impero delle genti, il trionfo dei popoli e delle religioni diverse. La forza con la quale Roma ha governato,  presa a modello dai regni europei, è stata ed è ancora l’universalità, il suo modo di chiamare  il mondo Roma. Non per manie di grandezza, o forse non solo, ma per una memoria quasi prenatale di ciò che poi chiameranno “cosmopolitismo”. Il modello di una crescita cha ha preteso come carattere essenziale il rispetto. Che lo pretende ancora.  E lo esercita, fra le strade che da Piazza San Pietro muovono in direzione del ghetto ebraico, del quartiere cinese di Piazza Vittorio, nelle chiese della religione copta etiope, senza che fra queste strade si respiri mai la paura di perdere un’identità che invece pare essere alimentata da questi elementi.

In alternativa a questi porci e a Roma, la corrente del Brianzolesimo e il suo modello: una città ghetto, con un popolo che sogna un micro villaggio in cui consumare solo polenta e nel caso schedare gli “osei”.

Oltre al pedaggio sul G.R.A., io a questi “je” chiederei pure il permesso per l’espatrio. Ministri compresi.

 

Roberto Rizza

Presidente Ass. socio-culturale “Nuova Era”

Autore

Salvatore Ferragina

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