Dalla Curva

Blocco ’29: «Questa società non può rappresentarci»

Lettera aperta al sindaco e alla città dei tifosi giallorossi che annunciano una petizione. «Chiudete il Ceravolo. No all’aquila, al giallorosso e al nome Catanzaro per questo Effeccì»

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera aperta che il Blocco 1929 ha inviato al Sindaco Olivo e alla città, con le riflessioni dei tifosi giallorossi rispetto alle ultime vicende del Catanzaro Calcio. Una lettera dura, con critiche severe all’attuale compagine societaria. Con una petizione i tifosi chiederanno al sindaco di chiudere il “Ceravolo”, mandando questo Effeccì a giocare fuori dal Sansinato, di cambiare la denominazione sociale, di non utilizzare l’aquila imperiale nel simbolo, né i colori giallorossi sulle maglie.

Red

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Gentile Signor Sindaco,

cari cittadini e sportivi catanzaresi,

il fondo è, ormai, stato toccato.

E sia chiaro a tutti, non ci riferiamo assolutamente ai nuovi e strani risvolti societari che si stanno prefigurando. Risvolti che fra l’altro sono ancora tutti da scoprire e verificare. Certamente, vista la risonanza mediatica dei soggetti arrivati – che avranno a che fare con soci ancora in carica, morosi e inadempienti – il rischio di continuare con figuracce e di farci riconoscere anche a livello internazionale, infangando ancora di più il nome della città di Catanzaro, è da prendere in seria considerazione. I veri avventurieri noi ce li abbiamo in casa e stendiamo un velo pietoso sulla classe imprenditoriale della città, assente in tutte le sue componenti e complice di questa situazione grazie all’elargizione di oboli che servono solo a tamponare il disagio giornaliero, con l’unico risultato di prolungare l’agonia dei tifosi, salvando i responsabili si questo scempio e i loro affari. Oggi il Catanzaro Calcio non esiste più.

Esiste una specie di società che, pur avendo bruciato in un anno due campionati e un ripescaggio certo, è ancora in sella, e solo i veri tifosi si chiedono il perché.  Non se lo chiedono le istituzioni, né i politici intervenuti ai tavoli ed alle trattative, più o meno mazziniane. Talvolta portate avanti solo e soltanto per svilire le trattative che avrebbero potuto materializzarsi. 
Eppure sono proprio loro che potrebbero e dovrebbero parlare e chiarire. Invece solo silenzio, un assordante silenzio che stride con il ritornello iniziale del primo presidente post-Lodo Petrucci: chiarezza e trasparenza
In questi mesi noi del Blocco 29, comprendendo il grande distacco della stragrande maggioranza dai tifosi del Catanzaro, abbiamo cercato di fare il possibile:

– abbiamo portato i bambini nelle piazze per difendere i nostri colori, 

– abbiamo manifestato il nostro dissenso;

– siamo stati per ore sotto le sedi istituzionali in attesa di buone notizie, 

– abbiamo accordato la nostra fiducia a soggetti politici di qualsiasi sponda, confidando nelle loro capacità di sbloccare la situazione; 

– siamo stati in silenzio quando soldi pubblici sono stati utilizzati per risanare una SpA, sempre e solo con la speranza che qualcosa cambiasse; 

– abbiamo sottoscritto, nostro malgrado e con la morte nel cuore, l’ormai “famoso”, e speriamo inutile, documento di sdoganamento del duo Poggi-Parente, attirandoci addosso l’indignazione e lo sdegno di tutti quei tifosi che innamorati  “del giallo della terra e del rosso del mio cuore”, si sono sentiti, e per la seconda volta, defraudati di un sogno ormai flebile ed evanescente.

E perché si era accettato di ingoiare questo sgradevole rospo? Lo si è accettato perché ci si stava facendo sventolare sotto il naso il drappo sfilacciato e lacerato di un ulteriore e, questa volta, definitivo fallimento. Inoltre, figlia di una strumentale, quanto inopinata, corresponsabilità nella gestione degli eventi quel macigno si sarebbe abbattuto sulla nostra ottusa coscienza, rea di non aver saputo dare un taglio al passato, purtroppo per noi troppo prossimo e doloroso. Addirittura, oggi, per questo ulteriore atto di amore, qualcuno, forse lo stesso che qualche tempo fa ci consigliò quale fosse il minore dei mali, ci accusa di connivenza. E’ vero, probabilmente abbiamo commesso degli errori, ma sempre in buona fede e accecati dall’amore che ci lega a questa squadra e a questi colori. 
Ad oggi,  sulla carta, e sottolineiamo solo sulla carta, il Catanzaro non è fallito, ma l’insuccesso della politica è un dato di fatto da evidenziare. Ci saremmo aspettati dai soggetti coinvolti nell’operazione-salvataggio un confronto serio, approntato appunto sulla “chiarezza e sulla trasparenza”. Ad oggi, invece, non sappiamo che fine hanno fatto i soldi pubblici serviti per ricapitalizzare e sanare in parte i debiti del FC Catanzaro SpA. 
Con buona pace della nostra corresponsabilità nella gestione degli eventi. 

Ad oggi non sappiamo per quale motivo tutte le trattative intavolate in questi mesi siano saltate. Possiamo immaginarlo, ma ci accorgiamo che questa potrebbe essere una sterile presunzione, anche se in noi è assai forte il dubbio che la realtà possa aver superato di gran lunga l’immaginazione. Quanto meno ci vengano dati chiarimenti circa i motivi per i quali la più importante delle trattative estive sia miseramente naufragata, le altre le lasciamo agli archivi dell’immaginario comune, del si dice, del chiacchiericcio che spesso sfocia nel più becero pettegolezzo. Ma sull’estenuante trattativa con il Gruppo GI.COS ci si dica l’esatta evoluzione degli eventi, e, se proprio i soggetti istituzionali, che vi hanno partecipato, insistono nel loro assordante silenzio, lo chiediamo pubblicamente a Lei, Sig. Giuseppe Cosentino, titolare della GI.COS, che per ben due volte è stato dato per vicinissimo all’acquisizione del Catanzaro. Anche se, per fare chiarezza, basterebbe la spiegazione di qualcuno del gruppo di imprenditori che avrebbero aderito al progetto che andava prendendo forma. Almeno loro, siamo sicuri, o forse lo speriamo, sono fuori da certi schemi che in questi mesi sono stati utilizzati per nascondere la verità e coprire chissà cosa. “Exrema ratio”, potremmo chiedere al Socio Catalano, con la stessa veemenza con cui l’aveva promessa, nella famosa Conferenza Stampa post ritiro-farsa in quel di San Quirico D’orcia.

Purtroppo a nostra conoscenza, ad oggi, a suffragare i fatti c’è solo una mera “lista della spesa” analitica, in formato excel, con riportato un dettaglio di entrate e di uscite (richiesta al primo cittadino). Dalla quale non è desumibile quale direzione abbiano preso i soldi dei contribuenti. 
Giusto per rinfrescare la memoria a noi stessi, ricordiamo che l’associazione “Tribuna Gianna” che rappresenta tre ENTI istituzionali della città, Comune, Provincia e Camera di Commercio, aveva un duplice compito. Attraverso l’elargizione di proventi pubblici, consentirle la salvaguardia e la promozione delle tradizioni socio culturali della città di Catanzaro, quindi di avere la possibilità di partecipare al salvataggio della SpA FC Catanzaro. L’altro obiettivo, soddisfatto il primo, era traghettare la società verso una proprietà forte e sicura. Per Tribuna Gianna, quindi, dovrebbe essere totalmente naturale rendicontare l’utilizzo dei soldi affidatigli. Così come dovrebbe essere prassi, per un soggetto espressione di ENTI istituzionali per eccellenza, rendere pubblica tale rendicontazione. E se così non fosse che senso avrebbero le parole dell’Avv. Ferrara, Presidente in pectore, per il quale l’accettazione o meno della carica di massimo esponente è subjudice, e tale resterà fino alla pronuncia del Consiglio della Camera per il Commercio, che si dovrebbe tenere a metà settembre? 
A noi non resta che prendere atto di ciò che i fatti hanno appalesato. Il primo obbiettivo è stato centrato, il secondo no. Mortificando, di conseguenza, quanto di nobile prefissatosi dagli ENTI promotori di Tribuna Gianna. Trasformando il primo obbiettivo da un’operazione volta a costruire l’immagine di Catanzaro, capoluogo di Regione, nel semplice salvataggio di una SpA, quindi di una Società di capitale privato, con soldi pubblici, dei cittadini. Cittadini che oggi, oseremmo dire artatamente, vengono tenuti all’oscuro dell’esatto svolgimento dei fatti.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo, non è stato centrato. Ok, ma almeno spiegateci il perché. Normalmente la politica non dovrebbe avere nessun ruolo nel calcio. Di fatto, a Catanzaro, in questi anni non è stato così. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: fior di milioni d’euro buttati al vento senza risultati. La politica oggi è ancora in società, a piene mani, addirittura detiene il 46% del pacchetto azionario di una SpA, nonostante abbia esaurito, in malo modo, il compito per cui era nata.

Alla luce di quanto fin qui esposto, il Blocco 1929 chiede che Tribuna Gianna esca immediatamente dalla società, lasciando libere le azioni in suo possesso. Il Catanzaro deve tornare ai privati, anche se si chiamano Aiello, Bove, Soluri, Catalano, Santaguida e Ruga. Non servono presidenti in “pectore” e senza portafoglio, né soci istituzionali perché il giochino dei soldi pubblici per fare divertire solo qualcuno non può e non deve continuare. Non è ammissibile continuare in quest’opera fallimentare. E’ ora di ascoltare la voce dei tifosi e soprattutto dei cittadini onesti. Oltretutto, in un simile contesto, il Blocco 1929 ritiene inutile chiedere alla gente di non andare allo stadio. Sarà un dato di fatto. Questa società ha una credibilità inferiore allo zero. Ignorarla è la migliore risposta. Ma questo non significa che la storia del Catanzaro debba essere ancora calpestata.

A giorni, stando così le cose con dentro la società ancora i “soliti”,  ci faremo promotori di una petizione popolare e ci attiveremo affinché il Nicola Ceravolo resti chiuso, chiedendo al sindaco di mandare a giocare questa squadra in qualche campetto oltre la galleria del Sansinato. 
Chiederemo alla gente, attraverso una raccolta di firme certificata, che questo Catanzaro non rappresenti la città e soprattutto la storia gloriosa del Catanzaro, di cambiare la denominazione sociale, togliendo la parola “Catanzaro”, e di non utilizzare lAquila Imperiale simbolo della città. Infine, di non avere sulle maglie i colori giallorossi
Questa società non può rappresentarci, non può essere l’espressione di una Città che può andare orgogliosa delle proprie tradizioni SOCIO CULTURALI. 

Autore

Redazione

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