Dalla Redazione

Cambio di rotta o canna del gas

Come Aiello: il presidente Ferrara, per conto dell’«organizzazione senza futuro» chiamata Catanzaro, chiede di metter mano al portafogli della città

Edizione odierna di Calabria Ora, nel pezzo di Giovanni Bevacqua risalta un virgolettato di Maurizio Ferrara, numero uno in pectore del FC Catanzaro, presidente senza portafoglio e garante (di cosa poi, di un fallimento post-datato a giugno 2011?) di una società mista – non conta che Tribuna Gianna agisca “asetticamente” – che non si occupa né di trasporti, né di acqua, né di gas o di edilizia pubblica… ma di calcio: pallone.

«Alle istituzioni si chiede di dare almeno la metà di quanto promesso», dichiara Ferrara. Si parla di soldi. A conti fatti, quasi 500.000 euro all’anno per tre anni. Singolare e scandaloso. Specie se si pensa che quella “promessa” tanto impegnativa fu elaborata dai rappresentati istituzionali – magari anche un po’ allegramente di questi tempi e in questa regione – per sanare una disastrosa situazione cui i soci di maggioranza Aiello, Bove e Soluri si erano arresi chiedendo disperatamente aiuto.

Il governatore Scopelliti, il 13 maggio a Catanzaro, disse: «C’è la disponibilità degli enti pubblici a contribuire concretamente per ripartire ma solo dopo che nuovi imprenditori si faranno avanti elaborando un progetto serio». Chiaro: la disponibilità delle casse pubbliche vincolata ad un nuovo e serio progetto. Oggi «l’organizzazione senza futuro», tanto per usare le parole di Franco Ceravolo – uno che qualcosa nel calcio conta –, candidamente su quei soldi chiede di poter fare affidamento. Tavoli istituzionali fallimentari, trattative più o meno segrete e mediocri diplomazie hanno portato soltanto alla creazione di un’associazione costituita con capitali pubblici che ha scalato il 46% dell’Effeccì, pagato qualche debito che la collettività non aveva certamente contratto e iscritto il Catanzaro all’ennesimo campionato di Seconda Divisione.

I vecchi soci sono tutti lì, come prima della crisi, come durante la crisi, come non fosse accaduto nulla. Uno di loro, il sig. Bove, occupa finanche una poltrona (magari uno sgabello, considerato l’ipocrita clima di austerity di cui si legge in questi giorni) nel nuovo consiglio d’amministrazione. Per carità, tutto lecito. Tutto schifosamente lecito. Almeno fino a quando non si faccia richiesta di ulteriori denari pubblici. Lì la decenza, la coerenza e, a quel punto perché no, anche la Corte dei Conti dovrebbero intervenire per opporre l’ostacolo decisivo.

Per una volta, in assenza di compratori seri – vengano da Trieste, Cinquefrondi o Stoccolma –, si lasci spazio al libero mercato, a quella manina invisibile cui credeva ciecamente Adam Smith, che magari, per una volta misericordiosa e giusta, potrebbe spalancare le porte del Tribunale. Per carità, basta oboli. Basta sprechi. Caro presidente Ferrara, se proprio non vuole rinunciare a quella carica tanto decaduta nel tempo, eviti di ripercorrere le orme dei suoi più recenti predecessori chiedendo soldi ai cittadini. Ci risparmi.

In tutti i sensi.

Fabrizio Scarfone

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