Dalla Redazione

«Dalla lontana America…un grido di speranza siete voi»

Arriva dal Canada l’ultimo messaggio per il Tavolo: «Non c’è Calabria senza Catanzaro»

Eccovi la dimostrazione che il Catanzaro è molto più di una squadra di quarta serie. Eccovi la dimostrazione che il Catanzaro rappresenta ancora oggi molto più di quello che vogliono farci credere. Eccovi il capitale umano che andrebbe messo sul “tavolo”, eccovi il paradigma su cui la ricerca di una nuova società dovrebbe fondarsi. Ci scrive Tony Mazza da Winnipeg, città del Canada che conta quasi 700 mila abitanti. «Io sono un italo-canadese. Mia madre era originaria di Lamezia Terme, mio padre di Platania. Tifiamo Catanzaro da sempre.  Il più bel ricordo che ho dei giallorossi è inchiodato agli anni ’70, quando vidi il Catanzaro giocare contro la Reggina un derby fantastico».

Tony Mazza è l’allenatore (head coach) di una squadra professionistica di calcio indoor canadese, il Winnipeg Alliance SC. La comunità calabrese in Canada è molto forte e il Catanzaro è un simbolo delle origini al quale nessuno intende rinunciare.

«Anche il Presidente del mio club (Tony Pesce, ndr) ha origini calabresi. Così abbiamo deciso di giocare un amichevole qui in Canada, tra due squadre di questo Paese, per aiutare il Catanzaro. Vogliamo devolvere l’intero incasso all’Fc. Non sappiamo quanto importante possa essere la somma, ma speriamo comunque di aiutare la nostra bella squadra. Non possiamo pensare alla Calabria senza il Catanzaro».

A più di ottomila km, a due o tre mondi di distanza, c’è dunque qualcuno che pensa al Catanzaro e a come risolvere la sua crisi. Tony Mazza e la sua proposta, oltre ad essere una testimonianza ulteriore di , si trasformano nel ceffone più sonoro possibile che potremmo mai ricevere.

Uno schiaffo diretto a chi negli ultimi anni non ha perso una trasferta e a chi il Catanzaro lo ha visto solo nelle due stagioni di Sky, a chi ha contribuito in qualità di sponsor e a chi non ha mai pagato neanche il biglietto, ai tifosi da club e a quelli solitari. Tony ci ricorda la straordinaria responsabilità collettiva di cui siamo investiti ogni giorno: custodire il Catanzaro è compito nostro. Per questa ragione non può essere accettata l’idea di rimettersi semplicemente alla “clemenza” di qualche tavolo istituzionale, né per questo motivo sono accettabili confusi distinguo sulla figura di questo o quel socio dirigente (magari ex socio). Il Catanzaro vive un fallimento lungo più o meno una generazione, possiamo prenderne atto, saltare il fosso e recidere ogni legame con il passato pretendendo una società alla nostra altezza. Oppure possiamo lasciarci ammorbare dalla mediocrità per un’altra generazione, costringendo Tony e centinaia di altri come lui, in Canada come nel resto del mondo, a lasciarci perdere, a dimenticarci per sempre.

In questi giorni la nostra redazione riceve decine di email da ogni parte del mondo. Da Oxford, per esempio, Emanuele, ricercatore in Social Policy ed esperto di sistemi di Welfare ci propone un interessante e documentato spunto sull’azionariato popolare (che pubblicheremo a breve). Gianni da Kyoto (da Kyoto, in Giappone, mica da Pontegrande), segue costantemente sul forum di questo sito l’evolversi della situazione: legge i comunicati del Blocco, quelli degli ultras e dei soggetti interessati apettando la svolta decisiva. Andrea da New York,  tra una fusione e un’acquisizione non perde una “Striscia” del nostro Ferragina e coltiva il sogno di comprarlo lui, un giorno, il Catanzaro. È chiaro, o almeno dovrebbe: il Catanzaro non può essere ridotto a qualche piccolo interesse. Né, con questi straordinari esempi di vitalità intellettuale, possiamo credere che Catanzaro e la Calabria non esprimano qualcosa di meglio di quanto visto nel recente passato. Tutti i piccoli giochi  di minuscolo potere che con il calcio c’entrano poco e niente, sono stati svelati interamente nel 2006, e questa verità nessuna operazione d’immagine potrà cancellarla.  I soliti noti giocatori, i capitani di quei piccoli eserciti operativi  da anni in città, sappiano che d’ora in poi mancherà l’unica sponda necessaria al loro gioco: la nostra passione.

Fabrizio Scarfone

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