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Comunali: Lo strano caso Lamezia, fra maxi voto disgiunto e Tar

Sulle elezioni pesa precedente Tribunale amministrativo Piemonte

E’ uno strano caso, quello di Lamezia Terme. Un caso all’apparenza intricato, paradossale. In realtà, seguendo la legge, molto più semplice di come appaia, secondo il sindaco di centrosinistra uscente Gianni Speranza. Lo strano caso di Lamezia Terme, popoloso centro calabrese in provincia di Catanzaro, ruota tutto intorno alla complessa composizione del consiglio comunale e a una marcata tendenza cittadina al voto disgiunto. Una tendenza talmente accentuata da far quasi inceppare il meccanismo elettorale, trasferendo nella realtà quei ‘casi di scuola’ che normalmente restano confinati ai libri di diritto. Speranza, primo cittadino da anni in prima linea per la legalità e in corsa per un secondo mandato, ha ottenuto lo scorso fine settimana il 43% dei voti, quasi dieci punti in più della sfidante Ida D’Ippolito (Pdl). Ma la coalizione delle liste del centrodestra che sostengono D’Ippolito ha superato, secondo un primo e per il centrosinistra erroneo calcolo, il 50% dei consensi, ottenendo un numero di seggi che impedisce la formazione di una maggioranza di centrosinistra. Insomma, secondo D’Ippolito, se anche Speranza dovesse trionfare al ballottaggio, per lui niente premio di maggioranza e niente maggioranza dei seggi. Il tutto per effetto di un voto disgiunto che in questa terra premia da anni il centrodestra. Uno scarto che in questa tornata ha toccato il 17%, il solco che separa il numero dei voti espressi per i partiti di centrodestra e il gradimento accordato alla candidata del Pdl. Qui però spunta fuori il caso di scuola, ‘alimentato’ dalla legge elettorale e da una sentenza del Tar piemontese (confermata nel marzo 2010 dal Consiglio di Stato) su un ricorso presentato per stabilire la composizione del consiglio comunale di Alba. Nei Comuni, infatti, oltre al voto disgiunto e a quello per la lista, esiste anche un’altra modalità: la preferenza accordata solo al candidato sindaco. Un voto che non va conteggiato ad alcuna lista, ma che secondo la lettura che della legge ha dato il Tribunale amministrativo andrebbe a sommarsi alla platea complessiva dei voti validi sulla base della quale si calcola se una coalizione ha superato o meno il 50 % dei voti. E siccome a Lamezia ben mille e ottocento persone su circa 35 mila hanno scelto di votare solo per il sindaco, in base a questa disposizione le liste di centrodestra si ritroverebbero ‘retrocesse’ dal 50,7% dei voti al 48,6%. Il calcolo è semplice: aumenta il totale dei voti, diminuisce il peso della coalizione. E senza 50% al primo turno, entrambi i candidati possono sperare di ottenere il premio di maggioranza. Il centrodestra porta però avanti la tesi che il centrosinistra non potrà comunque ottenere il premio di maggioranza. Sostiene D’Ippolito: “Non esiste ombra di dubbio, c’è una circolare ministeriale molto chiara. I nostri avvocati hanno fatto degli approfondimenti e il dato è chiaro: si tratta di un’operazione elettorale del centrosinistra. E’ solo panna montata, si tratta di una questione di semplice buon senso. Il caso di Alba è un caso unico in un contesto di giurisprudenza univoca, la platea da considerare è quella dei voti validi di lista, c’è una maggioranza di centrodestra e questo è evidente”. Ma secondo Speranza le cose non stanno assolutamente così: “C’è ormai una giurisprudenza consolidata – assicura – dal Tar al Consiglio di Stato”. Ora la parola torna agli elettori, chiamati domenica e lunedì alle urne per il ballottaggio che servirà a stabilire chi guiderà il terzo centro della Calabria. Il ‘caso’ Lamezia ruota intorno a una sentenza del Tar Piemonte su un ricorso riguardante la composizione del consiglio comunale di Alba. Una pronuncia che intende chiarire la lettera della legge elettorale comunale e che il centrosinistra di Lamezia Terme richiama quando sostiene che le liste di centrodestra non possono contare sul 50,7%, bensì sul 48,6% dei voti. Nei Comuni con più di 15 mila abitanti, prevede il testo unico degli enti locali (267/2000), il sindaco A che vince al ballottaggio ottiene un premio di maggioranza pari al 60% dei seggi in consiglio comunale. Ma se al primo turno una lista o un gruppo di liste collegate che sostengono il sindaco B supera il 50 per cento dei voti validi, il sindaco A pur vincendo non otterrà il premio di maggioranza. Come si calcola la percentuale di questi voti validi? Secondo la sentenza 732 del 2009 del Tar Piemonte, il totale dei voti validi da computare è dato anche dai voti “resi solo a favore dei candidati sindaci”, anziché “i soli voti validi di lista”. Insomma, secondo il Tribunale amministrativo anche il voto espresso solo per il sindaco, ma non per una lista a esso collegato, serve ad allargare la platea di voti sulla quale conteggiare la percentuale da attribuire alle liste o a un gruppo di liste.

Autore

Umberto Galati

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