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Why not: assoluzioni non significano nulla, in Calabria la politica è immorale

estratto dal quotidiano della calabria
Le assoluzioni di Agazio Loiero, Giuseppe Chiaravalloti, altri vertici della politica e dirigenti regionali coinvolti in “Why not” hanno un enorme peso, che oltrepassa l’area del politico. Per la massa riabilitano, col sigillo dello Stato, alcuni tra i protagonisti della vita di palazzo. Ad esempio, oltre che Loiero e Chiaravalloti, Sergio Abramo, Enza Bruno Bossio, Luigi Incarnato e Gianfranco Luzzo. Ancora, Giovanni Dima e Mario Pirillo sono usciti dall’inchiesta, avviata dall’ex pm Luigi de Magistris, con il cosiddetto “non luogo a procedere”.

Nel merito, chi campa col senso comune non si pone alcuna questione, di là dal diritto. Conclude, cioè, che la giustizia ha definito l’intera vicenda e non è stato provato il rapporto tra potere pubblico e comitati d’affari ipotizzato da De Magistris; cui però le indagini furono avocate, col successivo allontanamento da Catanzaro e l’invenzione della guerra fra le procure di Salerno e Catanzaro, caduti solo i giudici campani.

Posto che l’assoluzione va accettata, ritenere che le decisioni della magistratura certifichino la bontà d’un politico è un errore gravissimo. Se non ho inteso male, lo sosteneva anzitutto Paolo Borsellino.

Per certo, anche noi giovani della rete, che ogni giorno informiamo e dibattiamo su blog e social network, abbiamo una responsabilità circa la diffusione d’una logica sbagliata, secondo cui le sentenze costituiscono il discrimine della politica. Il politico si giudica in primo luogo per l’operato, i metodi e i risultati, in riferimento al sistema in cui agisce: se tace, acconsente; se doppio, è complice diretto.

La domanda, a questo punto, con tutto il rischio di cadere nel qualunquismo o nella retorica, è se la classe politica, di maggioranza od opposizione, ha saputo reggere le sorti pubbliche con responsabilità e trasparenza, rinunciando all’eticamente riprovevole: ai favori, alle clientele, alle pressioni, ai ricatti sottili e non dimostrabili. A prescindere da “Why not”.

A me pare, fuori d’una sterile accademia, che non esistano più spazi per la politica vera. Non si discute più di come risolvere i problemi concreti e di come dare delle certezze ai giovani; specie in una regione come la Calabria, che ha insieme grandi potenzialità e limiti quasi insormontabili per lo sviluppo culturale, economico e civile. A partire dalle suggestioni del potere, che spesso impongono l’emigrazione, causa d’impoverimento generale.

Il male della nostra terra non è solo la ’ndrangheta, che, come ci ripetono gli esperti, ha ramificazioni e coperture in ogni dove. Alla politica, agli intellettuali e alla società civile manca il coraggio di scelte radicali. Per opportunismo, si preferisce andare sul sicuro, non assumere una posizione o schierarsi sempre e sistematicamente dalla parte del più forte; senza la coscienza di dove andremo per questa via.

Nei giorni scorsi, a ragione, s’è parlato delle liste regionali, in cui compaiono personaggi ambigui e perfino, pare, pericolosi. Tuttavia, l’argomento rischia, anche involontariamente, di distogliere l’attenzione dai meccanismi di formazione del consenso che distinguono la Calabria dal resto della nazione. Mi riferisco anche alle modalità della campagna elettorale, al solito basata su meri rapporti di forza, sulla persuasione col miraggio del tornaconto, dell’utilità individuale.

Sono tra i ragazzi di buone speranze che s’impegnano per l’affermazione della sovranità popolare. In Calabria c’è ancora chi lotta criticamente, e non parlo a titolo personale. Ma se le forze politiche, e qui vado oltre i partiti, non vogliono superare la ragioneria elettorale e la tenuta di vecchi equilibri, a rimetterci saremo noi giovani, che abbiamo ereditato errori e orrori del passato; che subiamo, privi di mezzi, un presente vuoto e fatichiamo a immaginare il futuro.

Oggi un collega giornalista mi ha detto che la Calabria si prepara a celebrare, il 28 e 29 marzo prossimi, il suo funerale. Vorrei che lo smentissimo, di là dal giuoco delle parti.

Emiliano Morrone

Autore

Umberto Galati

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