Catanzaro Night News

SCIOPERANO I CALL CENTER TELECOM

 

 

Scioperano il 15 febbraio lavoratori e le lavoratrici dei Call Center Telecom, in particolare il 119 e il 191, per protestare contro l’inasprimento dei ritmi di lavoro ma soprattutto contro il pericolo di esternalizzazioni e il rischio occupazionale che si paventa dopo l’uscita del piano industriale annunciato per fine febbraio.

In contemporanea allo sciopero nazionale di otto ore in molte città si svolgeranno presidi e manifestazioni. A Roma l’appuntamento è sotto la sede della Telecom di Corso Italia per muoversi poi verso la sede del garante alle Comunicazioni – AGCOM dove una delegazione delle OO.SS. COBAS e CUB incontrerà l’Authority per denunciare il continuo ricorso ai CALL CENTER STRANIERI da parte dei grandi competitors delle TLC.

Si tratta di uno sciopero preventivo. “Il nuovo piano industriale Telecom, che Bernabè presenterà alla comunità internazionale, lascia presagire lacrime e sangue”. Prevediamo la cessione delle attività dei call center ( 119 e 187), ma gli ordini di servizio che stanno uscendo in queste ore lasciano presagire anche l’uscita della Gestione RISORSE Umane, informazion tecnology, e alcuni settori dell’assitenza tecnica” queste le preoccupazioni dei Cobas Telecom che per bocca di Alessandro Pullara sono anche preoccupati delle operazioni messe in atto da TELEFONICA per scalare TELCO e prendersi tutta TELECOM, “ non a caso Telefonica presenterà il suo piano industriale il 26 Febbraio, lo stesso giorno in cui è atteso l’annuncio di Bernabè”.

“Ci stiamo preparando ad affrontare una stagione dura per lavoratori e lavoratrici”, continua Alessandro Pullara per i Cobas, “le storie di Aziende come Eutelia e Phonemedia ci insegnano che i grandi competitors usano piccole e medi call center per abbattere il costo del lavoro e massimizzare i profitti”.

Le Organizzazioni sindacali di Base Cobas e Cub avevano già lanciato nel 2006 all’epoca della uscita di Tronchetti Provera da Telecom Italia la provocazione di una ripubblicizzazione di Telecom Italia, “unica forma di garanzia in un settore strategico del Paese” in contrasto con la discussione che nacque appena in quei mesi circa la separazione della rete e il suo controllo da parte dello Stato, ipotesi sponsorizzata anche da molti partiti dell’allora sinistra istituzionale, ma definita dai Cobas “ come una soluzione classica all’italiana, in cui imprese private attingono a risorse dello Stato per finanziare le proprie speculazioni”.

Roma 13/02/2010

Per contatti e informazioni

Domenico Teramo

331 – 6024102

119:

NON PAGHEREMO NOI

LA VOSTRA CRISI

A stragrande maggioranza le lavoratrici e

i lavoratori del 119 hanno sonoramente

bocciato e rispedito ai mittenti l’ipotesi di

accordo sui turni del 119 proposta da

Fistel e Uilcom che prevedeva una matrice

di turni nient’affatto compatibile con una

vita dignitosa ma che, soprattutto, non

metteva in discussione i problemi di fondo

che il customer mobile da troppi anni si

“trascina”, nel silenzio ma anche nella

complicità di chi non ha voluto MAI

CONCRETAMENTE AFFRONTARE il nodo del 119 in generale (interno ed

esterno).

Da anni:

la maggior parte delle attività SONO STATE GIA’ ESTERNALIZZATE.

Quest’anno il processo è stato accelerato con la delocalizzazione delle attività di

risposta e di back office anche in paesi esteri come la Tunisia e l’Albania tramite

gli “outsourcer”. “Capofila” Cos-Almaviva (ex Atesia . ex Telecom, ex Stet) a cui

come sempre, l’azienda fa fare il gioco “sporco” appaltando attività che a loro

volta sono cedute all’estero e inviando colleghi e colleghe del 119 per fare la

formazione ad operatori e operatrici che costano meno anche dei già “economici”

addetti italici in “outsoursing”.

i lavoratori e le lavoratrici subiscono una matrice considerata tra le

peggiori vigenti in azienda, con carichi di lavoro e stress vistosamente

ignorati anche nel famigerato progetto benessere.Oggi, a ridosso della presentazione di un piano industriale lacrime e sangue, dove

si annunciano “brutte pagine” e “fondate preoccupazioni” per i customer

di Telecom Italia, c’è chi ritiene di sedersi al “tavolo della trattativa” senza uno

straccio di garanzia sull’effettivo mantenimento “in house” di quel poco che oramai

rimane del 119, quando oramai è chiaro che l’azienda non intende procedere con

una riorganizzazione interna del servizio, come è stato fatto per i Top e i Business

con la convergenza dei servizi fisso e mobile, ma esclusivamente abbattere il costo

del lavoro (addetti al call center compresi) per risanare un debito che certo non è

stato causato dalla stragrande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratici di

Telecom Italia.

Un debito ereditato pesantemente dalle tristemente note vicende della

privatizzazione e della conseguente scalata ad opera di un manipolo di “capitani

coraggiosi” e di una schiera di manager che in dieci anni hanno spudoratamente

saccheggiato il patrimonio (ex-pubblico) di una delle più grosse aziende italiane

(che ha macinato fior fior di profitti risucchiati dai vari consigli d’amministrazione,

banche in prima fila) e impoverito, economicamente e professionalmente, i suoi

dipendenti. La scatola è pronta: TELECONTACT oggi società del gruppo a tutti gli

effetti, come lo erano a suo tempo TILS, TESS e tante altre i cui, lavoratori e le

lavoratrici oggi disperati per la perdita del lavoro, si trovano in mezzo alla strada o

sui tetti.

Nonostante il “clima” che si vive in azienda, e in particolare nei call center, Il 119

ha conseguito il miglior risultato in termini di qualità di servizio erogato all’utenza.

Principalmente per lo sforzo degli operatori e delle operatrici si è ottenuto

un risultato di “qualità” del servizio 119 perché dopo anni è stato semplicemente

concesso di rispondere al telefono utilizzando il tempo che occorreva per ”erogare”

un servizio all’utenza. E’ stato applicato un banalissimo concetto: il tempo e’ uno

spazio, all’interno del quale possono essere svolte le attività richieste e

francamente ci sembra a dir poco “ridicolo” che di questi tempi di “vacche magre”

in azienda, si sia dovuto strapagare un manager spagnolo per l’applicazione di un

elementare principio tanto banalmente scontato e reperibile in qualsiasi

manualetto cepu sull’organizzazione del lavoro. Ma non solo il tempo: le capacità

lavorative, il senso di rispetto e di solidarietà tra simili che ancora, nonostante

tutto, si respira nel call center, hanno consentito nuovamente ai soliti noti di

“centrare” l’obiettivo.

E mentre lor signori intascano ricchi premi, l’azienda arrogantemente applica una

matrice invivibile con la “scusa” delle fantomatiche curve di traffico (che come

ben sanno tutti gli operatori e le operatrici in realtà sono il frutto della scellerata

esternalizzazione di tutte le attività di back office e di risposta che potevano essere

svolte in fasce orarie mattutine).

Come Cobas e FLMUniti, abbiamo aperto le procedure per l’indizione di scioperi e

mobilitazioni in quanto in gioco non è solo ed esclusivamente il nostro “orario di

lavoro” ma, soprattutto, la nostra permanenza in azienda e il nostro futuro.

In relazione alla nuova turnistica proposta per i part time, ricordiamo che il loro

istituto contrattuale e le leggi, li tutelano da modifiche unilaterali delle fasce orarie

e delle matrici a suo tempo stabilite nella lettera di assunzione o nella successiva

modifica di orario di lavoro. Pertanto, i lavoratori e le lavoratrici, qualora non

volessero accettare le matrici imposte dall’Azienda, non devono firmare nulla.

Ricordiamo anche che ai sensi di quanto previsto per legge, i lavoratori e le

lavoratrici part time convocati dall’azienda, hanno la possibilità di chiamare un

rappresentante sindacale (RSU)

RSU LISTA DI BASE

Roma, 27/01/10

Autore

Salvatore Ferragina

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