Dalla Redazione

La dura legge del marketing

La lucida analisi di Francesco Guerrieri sulla disaffezione verso il Catanzaro della sua “gente”
Vorrei uscire per un attimo dalle banali analisi ascoltate e circolate nel post-partita di Catanzaro-Melfi. “Pubblico indegno”, “città ingrata” e futili bizantino-menate di questo tipo. Dobbiamo partire da un fatto conclamato: la gente di Catanzaro non è affezionata al calcio come una volta. Non è disposta a fare file o ad esporsi all’inclemenza atmosferica per vedere giocare il Vico Equense o il Noicattaro sul proprio campo. Non organizza più la propria vita in funzione dell’impegno casalingo domenicale dei giallorossi. 
Le cause sono molteplici e risulterei pleonastico nel ricordare il fallimento prima tecnico e poi societario del progetto Poggi-Parente con la scomparsa dell’Uesse, l’inconsistenza delle gestioni lodiste Pittelli e Bove-Soluri, i punti di penalizzazione, un nuovo calvario societario, il ricorso alle casse dell’amministrazione pubblica per salvare capre e cavoli. Per tre anni il Catanzaro Calcio non ha avuto un sito internet ufficiale e definire “complesso” l’accesso ai servizi di biglietteria (soprattutto per i tifosi della provincia, da sempre cuore pulsante della tifoseria) è un eufemismo. 
Con la gestione Aiello alcune lacune sono state parzialmente colmate e si è cominciato a lavorare, dal punto di vista organizzativo, per ricucire il gap che ci separava da una normale società professionistica. Dal punto di vista tecnico la squadra procede a vele spiegate, ha chiuso il girone d’andata a 41 punti effettivi (-3 sul meridiano Bove/Soluri), con il migliore attacco e, per distacco, il gioco più bello del girone (e forse dell’intera Lega Pro). 
Evidentemente tutto ciò non è ancora sufficiente per riportare massivamente e massicciamente il pubblico degli anni passati al Ceravolo. Di tutto questo al pubblico nessuna colpa può essere imputata. Ognuno la può vedere come vuole, per me probabilmente questa città sta maturando. Il vecchio Catanzaro è morto, travolto da un’ondata di entusiasmo dopo 17 anni di serie C2, seppellito da una malsana gestione che proprio nel cieco entusiasmo popolare aveva trovato terreno fertile. E come dimenticare la risposta del pubblico alla faraonica campagna acquisti dell’effeccì targato Pittelli-Improta-Logiudice-Silipo? Anche in quel caso la tifoseria giallorossa abbandonò completamente i freni inibitori ed i risultati sono ancora sotto gli occhi di tutti, con pesanti strascichi che Aiello ha ereditato. 
La partita di calcio allo stadio non è altro che un servizio di “entertainment”, come la televisione, il cinema, il teatro. E con questi è in concorrenza. La gente può preferire altri servizi, senza doversi sentire in colpa per la scelta effettuata. Deve piuttosto essere convinta a scegliere tale servizio nel ventaglio delle opzioni possibili. Il tifoso è un cliente e nel calcio valgono le leggi di mercato. L’ufficio marketing dell’FC ed i quadri societari poco hanno da lamentarsi: il cliente ha sempre ragione. Continuino piuttosto a lavorare nella giusta direzione, ed a poco a poco i riscontri arriveranno. 
Dopo tutto, la media spettatori in una serie B è di poco superiore alle 5.000 unità, e società blasonate con trascorsi assai recenti in massima serie (come Brescia, Empoli e Piacenza) si sono assestate, nella passata stagione, sulle 3.000 unità. Parecchia gente è inoltre scettica sulla reale capacità dell’attuale sodalizio di attrarre adeguati fondi per finanziare la gestione corrente ed i necessari investimenti a medio-lungo termine. Pecunia non olet, direbbe il saggio. Se nessun imprenditore ha sposato il progetto Aiello, se non si trova cospicuo sostegno negli istituti di credito, qualche motivo ci sarà. 
Affermare che la colpa è dell’imprenditoria catanzarese costituisce un comodissimo alibi per non far nulla, per rimanere fermi. Nei folli percorsi mentali di qualcuno la partecipazione al capitale è un atto dovuto del finanziatore in nome della storia calcistica della città. Non è così. Una progettualità potrebbe essere considerata non percorribile ed inconsistente dal punto di vista dei tempi o dei ritorni sull’investimento non commisurati al rischio: è proprio sulla capacità di raccogliere capitali e reinvestirli in fattori produttivi che si valuta il livello dell’imprenditore. 
Siccome siamo tutti abbastanza grandi da non credere alla cospirazione nei confronti dell’imprenditore “straniero” basata su gelosie ed invidie, qualche dubbio sulla bontà e consistenza del progetto Aiello è sacrosanto mantenerlo. Nell’attesa spasmodica di venire definitivamente smentiti. 
Personalmente, sarebbe una vera liberazione. 

Francesco Guerrieri

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