La Striscia

4 SALTI IN PROVENZA

Poker al Gela servito da Caputo, Gimmelli, Longoni e Montella

Prima di iniziare a raccontare la bellissima giornata di ieri è doveroso  fare una premessa.

Per un solo attimo chiudiamo gli occhi e pensiamo solo a un campo di calcio. Andiamo indietro nel tempo e ricordiamoci di quante partite abbiamo visto nella categoria in cui ci troviamo e quanti scontri decisivi sia in casa sia in trasferta abbiamo affrontato per dare la cosiddetta classica svolta al campionato. Chi ha avuto la fortuna di assistere a quello che abbiamo visto ieri nel rettangolo del “Vincenzo Presti” di Gela sa che ha dello straordinario. Una capolista che gioca in trasferta contro la seconda forza del campionato, pronta a scavalcarti e che invece è annichilita sul campo e deve inchinarsi alla forza che si chiama Catanzaro.

Ormai non servono più appelli, limitandoci “al campo” abbiamo solo certezze e i segnali inviati sono concreti. Otto punti virtuali sulla seconda e cinque reali non li ricordo nella lunga storia del Catanzaro calcio. Ricordiamoci che momenti come questi, per chi ama la propria squadra e per chi ama il calcio, intesi come bel gioco e risultati, non sempre capitano giacché i cosiddetti treni nella vita passano una volta ogni tanto. Ora come non mai è necessario accantonare ogni remora per cercare di aiutare questi ragazzi e questo staff tecnico dirigenziale, da Antonio Aiello fino a Pitino passando per Auteri.

Questo magico momento e questo campionato possono perderlo solo loro. Noi ora dobbiamo fare solo il nostro dovere di tifosi che è quello di SOSTENERE la squadra e la società con il nostro contributo: l’acquisto del biglietto e la voce durante i novanta minuti. Anche i più scettici ora possono mettere da parte le giuste preoccupazioni dettate dalle amarezze del passato. Chi ama il calcio e chi adora la maglia giallorossa non può restare indifferente a quanto oggi sta avvenendo. Il Catanzaro è vivo, “simu na ruspa”, non servono ringraziamenti. Oggi è lunedì ed era da qualche tempo che non provavo certe sensazioni che spero siano anche vostre: “eu on viu l’ura ma vena a dominica”. Spero sia così anche per voi. Forza Catanzaro e oggi come non mai “Tutti allo Stadio”. Non è un appello ma è una logica conseguenza di chi vuole svoltare e andarsene per sempre da questa categoria.

E veniamo alla giornata di ieri. Dalle prime ore dell’alba, uscendo di casa, per strada inizi a incontrare le prime sciarpe giallorosse. L’A3 direzione sud ben presto diventa un corteo di pullman, pulmini e auto di amici. Nell’unico autogrill che incontri sino a Villa San Giovanni (Rosarno), entri e capisci ancora di più che una parte di Catanzaro ma anche della provincia si sta trasferendo in Sicilia. La frase più gettonata è “se, mu fai nu cafè”. Si arriva a Gela e si entra allo stadio. Chi non era mai venuto mi dice la frase che da quindici anni a questa parte sento nelle trasferte: “ma duva immi a finira”. Questa volta non posso dargli tutti i torti. Il settore ospiti, più che una gabbia, mi sembra una cella di punizione della Baia di Guantamano: reti protettive e visuale pari allo zero.  E’ questo il rispetto verso chi vorrebbe assistere solo a uno spettacolo? Fanno i duri con leggi rigide. Per fare un biglietto d’ingresso allo stadio fra un po’ vorranno sapere anche di che colore metteremo le mutande, ma del fatto che lo spettatore vede poco o nulla a nessuno importa.

Maglia giallorossa a strisce per noi, bianca per loro. Provenza siede sulla panchina che l’anno scorso vide Cosco rifilarci tre pappine in soli quarantacinque minuti, mentre l’elegante Auteri si accomoda sulla panchina a destra della nostra visuale. Manca Benincasa per la febbre, Vono non recupera, Mosciaro non c’è per squalifica, ma il modulo è sempre quello: il 3-4-3 con l’ex Corapi schierato a sinistra.
Inizia la partita. Chi c’era l’anno scorso non può non ricordare per un attimo i primi terribili dieci minuti, ma subito le paure passano. Il Catanzaro c’è, è quello di questo entusiasmante inizio di campionato, autoritario e padrone del campo. La differenza sostanziale fra le due squadre è evidente. Il Gela per larghi tratti imposta la partita con la palla lunga e pedalare. Basta vedere che il loro portiere batte tutte le rimesse dal fondo e i calci di punizione nella propria metà campo in direzione Pasca. Noi con Mancinelli appoggiamo la palla ai difensori che la danno ai centrocampisti e poi se la vedono i tre dell’Ave Maria: Longoni, Montella e Caputo. Loro dietro non devono sbagliare nulla altrimenti li castighiamo: è questa la mia sensazione che, infatti, è supportata al 34° dal goal di Caputo, imbeccato da un assist al bacio di Longoni.

Sullo 0-1 nei minuti che rimanevano alla fine del primo tempo potevamo già chiudere la partita. Il Gela si era aperto e le folate dei nostri erano devastanti, ma mancavano dell’ultimo passaggio. E’ stato meglio così, altrimenti non avremmo assistito alla splendida ripresa. Stessi effettivi e si ricomincia. Il Gela si butta in attacco com’era logico attendersi, ma noi siamo sempre pericolosissimi e Geraldi per fermare Longoni lanciato a rete lo deve stendere con un “pellero” sul volto: espulso. Loro in dieci ma, come spesso accade nel calcio, pur in inferiorità numerica ci castigano. Su una corta respinta su azione d’angolo, Cammarota infila Mancinelli con uno dei pochi tiri nello specchio della porta. Non c’è problema. Ritorniamo a giocare e lo sa anche Provenza che ritorneremo a giocare. Infatti il tecnico salernitano toglie un centrocampista e inserisce un difensore. Ci teme ma con questa mossa Bruno diventa sempre di più il padrone del centrocampo.
Ci riprendiamo il pallino del gioco. L’ex panchinaro Bruno recupera e imposta palloni su palloni. Anche Caputo gioca “strano”: recupera anche lui e riparte. Nel frattempo il pubblico del “Presti” s’infiamma: è convinto che il Gela possa sorpassarci e riprendersi la vetta. Noi abbiamo Longoni, Caputo, Montella & company, andiamo avanti e sfioriamo subito il goal su incursione di Longoni. Sul conseguente angolo Corapi (febbricitante) batte come lui sa fare, teso e tagliente sul primo palo, e Gimmelli infila con uno schema che nella scorsa stagione era tanto caro al suo ex mister. Due a uno e palla al centro. Il tre a uno di Longoni non ve lo racconto: guardatevelo in Tv se potete, scaricatevelo su internet che si trova e fatelo vedere ai vostri bambini. Dite loro che questa è la palombella. Arriva anche il poker e lo sigla un sontuoso Montella: sinistro da fuori simile a quello che Grosso fece ai mondiali nella semifinale contro la Germania.

Termina la partita e tutti gli undici leoni, accompagnati dal mister e da tutti i panchinari, vengono a salutarci e ci gridano: “ci vediamo domenica”.  Ora non bisogna mollare, non occorre sentirsi arrivati. La prestazione è da incorniciare. Agli amanti della statistica ricordo che a Gela non avevamo mai vinto e che i siciliani prima delle quattro pappine di ieri avevano la miglior difesa del campionato con soli cinque goal subiti. Con questa striscia (mister, il titolo è goliardico come goliardico è stato il coro “salta la panchina”) saluto anche l’uomo Provenza al quale tante ingiuste responsabilità sono state addebitate per la disfatta della passata stagione. Personalmente dico che il tecnico ha commessi alcuni errori, ma additarlo come responsabile assoluto per coprire magagne e inefficienze di dirigenti e direttori generali incapaci non mi sembra corretto. In bocca al lupo mister Provenza: Lei rimane sempre un dei pochi Signori di questo sistema calcio.

Quattro a uno e tutti a casa alé. Con quattrocento “cazzoni” minorenni, maggiorenni, adulti e anziani, amici, simpatici e antipatici che si abbracciano fra loro e che insieme cantano “e se ne va, la capolista se ne va”. Signori e Signori ecco a voi il calcio. Mi raccomando domenica non mancate: tutti al “Nicola Ceravolo”.

SF

Autore

Salvatore Ferragina

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