ENNESIMA STRAGE A KABUL. – Il COISP: “Se è guerra ditecelo!”

COMUNICATO STAMPA DEL 17 SETTEMBRE 2009

La sensazione di profondo dolore che mi attanaglia  per la scomparsa di sei soldati italiani a Kabul, oggetto oggi di attentato dinamitardo degli estremisti talebani, si scontra con lo sdegno, sicuramente comune ai molti, nel dover sentire i costernati messaggi di cordoglio di chi ha la responsabilità umana e politica di tanto sangue italiano versato, di chi sfrontatamente maschera il proprio volto con la costernazione e finta tristezza non ascoltando le urla della propria coscienza e di quella collettiva.” Così Franco Maccari, Segretario Generale del COISP – il Sindacato Indipendente di Polizia, manifesta i propri sentimenti per la strage di Kabul, convinto di interpretare le emozioni di molti e soprattutto di coloro che sono chiamati a difendere il suolo nazionale e di coloro che assicurano la sicurezza nel suolo nazionale. “Il paradosso della vicenda che coinvolge le nostre coscienze – continua il leader del Coisp – è la mancanza di consapevolezza dell’essere entrati in guerra ormai da tempo e di ritrovarsi ogni tanto a celebrare morti, anzi eroi, che non solo non vengono riconosciuti da una società civile distante dall’idea stessa della conflittualità esistente, ma anche da chi, responsabile politico, disarciona il concetto stesso di guerra per rifugiarsi in quello di “missione di pace”. Grave, gravissimo orientamento dimostrato dalla nostra classe dirigente, insufficiente, paradossale, lontana anni luce dagli apparati che reggono le stabilità della difesa del suolo o che ne assicurano la interna civile convivenza. Combattere contro un nemico non schierato, affrontare le nuove dinamiche della “guerra espressiva” fatta di assenza di frontalità, permeata dal vuoto delle regole, condotta per la realizzazione di atti terroristici interpretabili come eventi mediali, richiede un elevato standard di professionalità che, come a noi poliziotti arcinoto, scarsamente è sorretto dalle borse del politicante di turno. Richiede inoltre  una vera presa di coscienza delle elité politica e, a cascata, della società civile tutta. Noi sappiamo, come poliziotti, quanto grave sia la sensazione di isolamento in cui versa chi, come noi e i colleghi della Difesa per le loro competenze, deve affrontare i grandi temi della sicurezza conscio del rischio quotidiano, del tributo umano sacrificato ogni giorno sull’altare della propria identità, spesso sconosciuta ai più e nascosta dal Vertice indifferente”.
Maccari conclude, esprimendo tutta la vicinanza degli Operatori della Polizia di Stato alle famiglie e ai colleghi degli uccisi, e rivolge un appello a ogni italiano, minimamente intellettualmente onesto, affinché contribuisca ad un esame di coscienza collettivo al termine del quale si ponga con forza una domanda essenziale da rivolgere ai soliti noti: “perché spendere tanto sangue nazionale, tante energie di figli d’Italia, di giovani onesti, puri, nati sotto il nostro tricolore per esportare un concetto di democrazia in luoghi lontani, senza essere estremamente chiari che si sta combattendo una guerra? Perché i nostri soldati debbono avere limitazioni nell’uso delle armi che si traduce in limitazioni secche alla propria incolumità? Sacrificare il meglio della Nazione sull’altare di interessi misconosciuti, destinare le vite dei figli d’Italia alla sabbia di Kabul per portare una civiltà non accettata, per essere martoriati da molti stranieri che come invasori ci vedono e come invasori ci trattano, avrebbe un senso se almeno ci fosse la totale libertà di difesa! Non si debbono chiamare missioni di pace, ma più correttamente missioni di guerra al terrorismo!” Se si vuole questo dai nostri soldati! Mentre in Italia per le Forze di Polizia, è una missione contro l’illegalità! E chi le combatte, in ogni “fronte”, deve avere e sentire il massimo della garanzia e della solidarietà! Da tutti!
   

Autore

Salvatore Ferragina

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