Il Rompicalcio

Silenzio assordante

Rispetto, comunicazione e managerialità i tre pilastri da cui ripartire
Sono passati quasi 5 giorni dal triplice fischio finale di Catanzaro-Pescina che ha regalato l’ennesima cocente delusione alla tifoseria giallorossa. Dopo 117 ore il silenzio da parte di società, staff tecnico e squadra è assoluto. Quasi imbarazzante. A parte le amare dichiarazioni di Provenza nel dopo-partita e l’interlocutorio intervento telefonico di Aiello durante una trasmissione televisiva, nessun altro commento. Un popolo di tifosi delusi, scoraggiati e incazzati attende. Si aspetta qualche parola sul bilancio della stagione e sul finale amaro. Si aspetta la riconferma o meno dell’allenatore e del parco giocatori. D’accordo il low profile e la riservatezza su questioni delicate che riguardano il futuro della società. Ma qualche novità anche sulle sorti del calcio a Catanzaro e sui progetti per il prossimo anno è lecito attendersela. Niente. Silenzio.

 

La comunicazione non è mai stata la portata prelibata della casa. Al massimo un tozzo di pane raffermo. Sito internet mai on line, affissioni queste sconosciute, comunicati stampa col contagocce, interviste e dichiarazioni del presidente Bove rarissime, più o meno come le presenze di Frisenda o i gol di Falomi. Nel corso della stagione tutte le parole interessanti e significative sono arrivate, quasi esclusivamente, da Nicola Provenza. Limitatamente alle questioni tecniche ma non solo. Adesso però siamo passati dalle difficoltà comunicative al muro di gomma. La delusione, gli appelli, le richieste, le denunce, le critiche, gli insulti dei tifosi devono essere ascoltate. E devono ottenere delle risposte. È un semplice esercizio di rispetto.

 

Ieri mattina era fissata una riunione tra i soci per discutere di tutti questi argomenti. Sul tavolo, soprattutto, il futuro di Improta e di Provenza, oltre all’ipotizzabile rimpasto societario. Nessuna notizia al momento è trapelata. Gli sportivi attendono con ansia. L’amarissimo finale di stagione ha portato con sé non solo rassegnazione. La consapevolezza che non è più possibile tirare a campare circola come un virus in città. Ognuno ha la sua ricetta, ma tutti hanno una sola certezza. Bisogna voltare pagina, lasciandosi alle spalle 20 anni di semi-dilettantismo, squarciati soltanto da qualche folle stagione che avrebbe lasciato per terra i cocci del fallimento. Questi cocci sono stati raccolti ma è difficile tenerli insieme senza un progetto, senza una visione. E soprattutto non è possibile farlo con alcune delle persone presenti mentre il vaso cadeva per terra frantumandosi. Rispetto, comunicazione, managerialità. Tre pilastri da cui ripartire. Nella speranza che la montagna di discussioni intorno a un tavolo non partorisca il topolino.

 

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Redazione

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