Nuova Era: Solidarietà a poliziottto aggredito

In un contesto sociale che voglio definire “normale”, all’interno del quale valori come la solidarietà, la partecipazione alla vita pubblica e la sensibilità rappresentano i capisaldi dello stesso, il gesto del poliziotto aggredito lo scorso primo maggio sarebbe un atto da portare come esempio e da ricordare come una seria dimostrazione di senso del dovere.  In un tessuto sociale, però, come quello di Catanzaro, intrecciato da disvalori come l’indifferenza e l’impassibilità, lo stesso gesto assume i connotati di una azione eroica proprio perché compiuto in una città dove il senso del dovere sembra ormai da tempo svanito e dove il ripetersi di episodi di violenza non riesce, purtroppo, a suscitare né reazioni di disapprovazione nei cittadini, né reazioni che si traducano in interventi concreti da parte delle autorità competenti.
Da tanto tempo denuncio, attraverso le attività dell’ Associazione “Nuova Era” la portata del problema sicurezza nella nostra città e da tempo continuo a ripetere che questo problema non può essere affrontato solo dalle Istituzioni locali, ma necessita di un concreto intervento del Governo nazionale, il cui impegno dovrebbe concretizzarsi in un’attenzione particolare per il nostro territorio con risorse economiche, attività e mezzi adeguati.
Se gli ultimi episodi di cronaca del Capoluogo ci impongono di tenere alta la guardia confidando nel lavoro delle autorità competenti, gli episodi di criminalità organizzata che vedono come protagonisti uomini e donne di etnia rom ci impongono di iniziare, su questi episodi, una volta per tutte, una riflessione seria, equamente lontana, sia ben chiaro, da ogni tipo di inutile buonismo e da qualsiasi possibile sorta di stupido pregiudizio razziale.
Oggi è arrivato il momento di essere realisti, bisogna avere il coraggio di denunciare quello che quotidianamente osserviamo e quello che quotidianamente ci viene raccontato soprattutto da chi vive, in maniera diretta, le difficoltà della zona sud del Capoluogo di Regione.
La più semplice verità è che in città esiste un organizzazione criminale, i cui componenti sono per la quasi totalità di origine rom, che controlla di fatto un’ intera zona del Capoluogo, nella quale, gli “affiliati” sono liberissimi di assumere qualsiasi tipo di atteggiamento e di svolgere qualsiasi possibile attività illecita.
Nella zona sud della nostra città i componenti delle famiglie titolari o proprietarie di un appartamento non possono lasciarlo tutti contemporaneamente perché altrimenti correrebbero il rischio di vederselo occupare dando vita a lungaggini giudiziali e burocratiche infinite e a difficoltà personali dolorosissime; nelle stesse zone gli allacci abusivi di luce e acqua sono ben visibili a tutti, come ben visibili sono i capannelli di rom che in Viale Isonzo sono dediti allo spaccio di sostanza stupefacenti. Esistono quartieri dove nemmeno le forze dell’ordine, spesso per carenza di mezzi e personale, possono “entrare”. Non sono leggende ed è noto a tutti. Non è una leggenda che il “capo dei rom” gode di una villa fatta costruire da un ex Sindaco e non sono una leggenda le risorse finanziare e le armi in loro possesso.
Questi i dati di fatto palesi che si sommano agli atteggiamenti arroganti di cui i cittadini onesti sono quotidianamente succubi in quanto titolari di esercizi commerciali o in quanto semplici cittadini.
Alla luce di tutto questo ed in considerazione della gravità e della dimensione del problema, sarebbe un errore enorme archiviare il tutto come “problema rom”. Questa è un’ organizzazione criminale riconosciuta anche dall’ultima relazione della commissione nazionale antimafia; questa è un organizzazione mafiosa che si è egregiamente ramificata nel territorio, a causa della scarsa capacità, della nostra “classe dirigente”, di compiere una seria programmazione territoriale e a causa della necessità, da parte della stessa “classe dirigente”, di consolidare un potere politico ed amministrativo che, per essere duraturo, solido e trasversale, ha spesso avuto necessità di “chiudere” più di un occhio.
Ogni tipo di discorso ed ogni tipo di intervento sono quindi inefficaci se non si prende consapevolezza delle reali dimensioni del problema e delle peculiari caratteristiche che rendono inutili le soluzioni che si esauriscono negli interventi locali.
Occorrono, ora, risposte severe concordate dallo Stato, che invece commetterebbe un errore se sottovalutasse la portata del problema, in sinergia con tutte le amministrazioni locali.
Di pari passo occorre una reazione civica ed un nuovo approccio culturale al problema che può essere solo il risultato di una forte attività di sensibilizzazione sul tema che, finalmente, deve essere affrontato in maniera realistica. Occorre una reazione civica perché, per combattere questo problema, è necessario non solo contrastare chi compie i crimini, ma anche coinvolgere la coscienza della comunità intera.
Roberto Rizza
Presidente Ass. “Nuova Era”

Autore

Salvatore Ferragina

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