Oggi il ministro dell’Interno con i leader dell’imprenditoria e del sindacato

fonte gazzetta del sud

Sono parole chiave – “sviluppo” e “sicurezza” – quelle scelte da Confindustria Calabria quale tema del confronto di questa mattina al “Politeama” di Catanzaro, su invito del presidente Umberto De Rose, tra i leader degli imprenditori (Emma Marcegaglia) e delle parti sociali (i segretari di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti), con un esponente del Governo nazionale (il ministro dell’Interno Roberto Maroni), il vertice della Regione (il governatore Agazio Loiero), l’amministrazione della giustizia (il magistrato dell’Antimafia Alberto Cisterna). E non potrebbe essere diversamente in Calabria, terra di stridenti contrasti, in cui si concentrano mali antichi e difficoltà nuove che, il più delle volte, trovano origine ben oltre i confini di questa regione.
Del resto è questa la terra in cui, per troppo tempo, una classe dirigente subalterna non ha saputo evitare, per decenni, che le risorse aggiuntive venissero utilizzate per sostituire l’intervento ordinario dello Stato, copiosamente dirottato in aree del Paese da più energiche rappresentanze parlamentari; ma è anche la terra in cui lo Stato mostra tutte le sue debolezze e la criminalità tutta la sua forza; in cui la permeabilità delle istituzioni alle infiltrazioni del malaffare – Gioia Tauro è solo l’ultimo caso, non l’unico – ha raggiunto livelli da repubblica delle banane. Ed è la stessa terra in cui la grande imprenditoria, certo non autoctona, ha seminato idee tanto folli quanto menzognere per raccogliere, prima di fuggire altrove, incentivi a palate. I frutti sono da un lato quegli scampoli di archeologia industriale che punteggiano il territorio dallo Stretto al Pollino, dall’altro i cumuli di rifiuti tossici che spuntano tra asparagi e finocchi.
Roba vecchia, si dirà. Certo, è roba vecchia. Di nuovo c’è invece, ad esempio, che un’azienda come la Certosa è costretta a chiudere – è accaduto quattro giorni fa – e a mandare a casa 25 lavoratori; di nuovo c’è un precariato “storico” in quanto a qualità e ormai endemico sul piano della quantità; di nuovo c’è che le stazioni ferroviarie sono tornate ad affollarsi per via dell’emigrazione. Solo che ora vanno via non più le braccia ma le intelligenze. Cioé il futuro.
Non è nuovo invece – ma questo è solo un piccolo dettaglio – il fatto che i tassi praticati dalle banche sui prestiti in Calabria sono i più alti del Bel Paese. Che visto da quaggiù non è poi tanto bello.
È nuova, piuttosto, la crisi finanziaria dei mercati; che nei Sud del mondo appare lontana (ed invece non lo è) perché lontani quegli stessi mercati lo erano anche in tempi di vacche grasse. Da generazioni, da queste parti, ci si è fatti le ossa vivendo solo da comparse i tempi dello sviluppo. Quando c’è stato.
La Calabria si trova ora di fronte a una nuova sfida, quella del federalismo. A pensarci bene è paradossale: a parte la doverosa presenza del ministro della Difesa al raduno dei Marinai a Reggio Calabria, gli unici ministri visti da queste parti sono stati i leghisti: Calderoli il 3 settembre, oggi Maroni. C’est la vie.
Sul federalismo non ha mai nascosto dubbi e perplessità il presidente Loiero, secondo il quale «la commissione bicamerale allargata alle Regioni e alle Autonomie locali è l’unica sede istituzionale e, come ripeto da settimane, è prevista in Costituzione per attuare un federalismo fiscale condiviso. Non si può pensare d’altra parte di fare la riforma che riguarda le Regioni senza coinvolgere Regioni proprio perché se il federalismo è ineludibile, come ormai appare chiaro, lo si deve fare nel migliore modo possibile, salvaguardando l’unità nazionale, garantendo le regioni più deboli».
«La zoppicante finanza italiana – secondo Loiero – impone scelte condivise e responsabili che siano il frutto di un confronto sereno e serrato tra parlamenti e autonomie, tra Stato e Regioni e fa bene Bersani a invitare tutti a lavorare sul serio per arrivare a un federalismo vero, non a pseudo riforme né tantomeno a proposte senza contenuti o disegni penalizzanti verso il Mezzogiorno, come finora è stato».

Paolo Cannizzaro

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