Carta Bianca

Conversando con S.

Carta bianca atto terzo. Buona Cartabianca…

N.F.
Venga, venga, si accomodi pure. Gradisce un buon cohiba
e un goccio di calvados? Non faccia complimenti, guardi mi verso
anche io un po’ di questo magnifico distillato appena giunto dalla
Normandia. Dunque, mi parlano di lei come di un grande esperto di calcio
e come un attento osservatore delle cose catanzaresi. Immagino perciò
che avrà meditato sulle mie previsioni tratte dalla lettura del morzello?
Sono curioso di ascoltare la sua opinione.

S.F.
Lei tocca le corde della mia memoria. Magari non ci crederà ma identifico
la festa di Ascoli con la scoperta del calvados: un binomio vincente
pari solo a Ceravolo e le scilatelle. Del cohiba però faccio
volentieri a meno, non vorrei che a qualcuno ricordasse la rivoluzione
del 2005/06 e il suo effetto nefasto. Le previsioni che ha tratto dalla
lettura del morzello sono intriganti, e anch’io guardo con fiducia
a questo Catanzaro, ma il rischio che diventi il solito dietetico spezzatino
è sempre dietro l’angolo.

N.F.
Non male, non male caro S.. Voglio dire non male la sua risposta e non
male questo calvados. Gradisce un altro sorso? E mi dica, allora,
come vede questa prossima partita con la Vigor. Non trova curiosa la
circostanza che questa squadra si sia progressivamente trasformata nella
nostra bestia nera? So bene che in sé la squadra lametina ha un solo
pregio (il mister), ma non possiamo ignorare che negli ultimi anni i
campionati della Vigor hanno trovato una svolta positiva dopo aver incontrato
il Catanzaro. Non mi deluda, gradisco un pronostico secco.

S.F.
Versi, versi, rifiutare un sorso di calvados è come rinunciare a rivedere
un goal di Massimo Palanca. La Vigor mi sta simpatica, fa sentire il
mio Catanzaro ancora una squadra importante, noi facevamo le sfilate
quando battevamo Milan, Roma e Juve, loro quando ci battono sparano
i fuochi d’artificio. Un pronostico secco per domenica, dice … bah
, sicuramente vinceranno loro sugli spalti…noi non ci saremo.

N.F.
Competenza, garbo e simpatia. Non è poco quello che mi offre. Posso
ricambiare, con un ricordo. La sua prima partita allo stadio, per esempio

S.F.
Catanzaro – Ternana due a uno. Era il campionato della prima promozione
in Serie A. Segnò Fausto Silipo di testa al 90° sotto la curva est,
io mi trovavo in tribuna laterale est scoperta, ma non perché i distinti
fossero chiusi o perché la curva fosse pericolosa; semplicemente mio
padre e i suoi amici dovevano stazionare dove attaccavano i giallorossi,
era l’abitudine, o meglio la carta vincente.

N.F.
Oggi mi sento un po’ malinconico. Sarà l’effetto dei cross di Tomi
o del pino che non c’è più, ma le dispiace se insisto sul tasto
della nostalgia? Non ho mai saputo scegliere la partita più bella del
Catanzaro. Le promozioni non le ricordo e mi dibatto tra il recupero
con la Roma e la semifinale di coppa Italia con l’Inter. Mi dica,
mi dica …

S.F.
La semifinale di Coppa Italia con l’Inter è sicuramente la partita
più bella da ricordare. Mi viene in mente l’infinita fortuna di Bordon,
la partita dell’andata, la gomitata di Serena a Sabadini, l’espulsione
di Braglia e Canuti nella partita di ritorno (o era Bini?) la lega che
squalifica Massimo Mauro di martedì e infine, la paura palbabile che
si leggeva nelle parole dei giornalisti della Gazzetta. Fummo eliminati
ma il Catanzaro scrisse una pagina di storia.

Del recupero
con la Roma ho ricordi positivi per la partita, ma anche avventurosi
per il contorno. Penso alla splendida coreografia degli ultras e al
fatto che quelle torce mi costarono, insieme ad altri cinque  amici,
quattro ore nascosto in un “ruvettaro” del deposito di Catanzaro
Marina.

N.F.
Sul presidente migliore c’è poco da discutere, ma quello peggiore
non è mica facile sceglierlo. Le fornisco una terna: l’incompetenza
dei Mancuso, l’aria fritta di Pittelli o la stangata di Poggi e Parente?

S.F.
Due bicchieri di calvados, grazie. Un pugno allo stomaco sentire
certi cognomi. Dei tre assolvo solo l’incompetenza di Mancuso e il
fatto che non ha mai detto di voler rappresentare il nuovo Nicola Ceravolo,
ma gli ultimi due rappresentano un morzello di colore chiaro, mangiato
con la baguette e accompagnato con una birra magari da discount. Ma
il vero dramma è che tanti “s’ammugghiaru u mussu”, anche dei
morzellari doc.

N.F.
Ha mai riflettuto sul nesso stretto che lega il calcio alla società?
Il Catanzaro in serie A era anche capoluogo, sviluppo urbano e una massa
infinita di speranze. Ora la quarta serie è la colonna sonora di una
politica di basso livello e di una città ripiegata sulle sue piccolezze.
Non mi dica che è ottimista …

S.F.
L’ottimismo l’ho consumato sui gradoni di questo stadio. E comunque
le cose stanno proprio così. La squadra di calcio, specialmente in
provincia, rispecchia la società e il contesto in cui viviamo. Se la
speranza per quanto flebile non muore mai, allora spero che muoia la
politica di basso livello, quella che salta su ogni carro dei vincitori.
Dopo Ascoli ricordo convegni sul fenomeno Catanzaro organizzato dai
politici che non sapevano che a calcio si gioca undici contro undici. 

N.F.
Vedo che il calvados le è piaciuto. Ne sono davvero felice,
ma prima di andar via con bottiglia mi permette un’ultima domanda.
Perché questo stadio è diventato così triste? Perché il calcio in
questa città non emoziona più? E soprattutto potrebbe bastare una
promozione o c’è qualcosa di più profondo da riconquistare?

S.F.
Lo stadio triste e silenzioso è la conseguenza di tanta C2 (la B non
la contiamo). E’ mancato il rinnovamento fra i tifosi, fra le giovani
leve. La B ha avuto effetti devastanti, non è facile adesso per un
ragazzino che ha visto Marassi, il Dall’Ara e il Delle Alpi parlargli
di Monopoli o di Noicattaro. Ora c’è il calcio in Tv, al Catanzaro
non servono solo i risultati, serve un’organizzazione e serve soprattutto
“unu ccù a pila”. Come ben sa anche il nostro Presidente.

N.F.
Mi scusi, mi scusi. Prima di chiudere quella porta, una curiosità:
ma lei domenica come li metterebbe in campo i giallorossi?

S.F.
In linea con i dettami del calcio moderno: “sangu all’occhi”,
palla avanti e pedalare. E si vince.


Nicolaeffe

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Redazione

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