Corpus Domini, una festa per le 122 parrocchie dell’intera Diocesi

In tanti ieri sera i fedeli e le autorità civili e militari che hanno preso parte in Cattedrale alla santa messa officiata dall’arcivescovo metropolita mons. Antonio Ciliberti, per la solennità del Corpus Domini (Corpo del Signore). Un appuntamento centrale per la Chiesa universale, che nella Diocesi di Catanzaro-Squillace è stato anticipato per volontà dell’arcivescovo al giovedì, per consentire la presenza anche di tutto il clero e dei fedeli delle 122 parrocchie.
Nell’omelia il presule, nel salutare da padre e da pastore tutti presenti, ha rimarcato la centralità dell’eucaristia in cui «Gesù si immola, vittima e sacerdote, per celebrare il grande sacrificio che riscatta l’uomo alla dignità di Figlio di Dio, ridonandogli la vita divina mediante il dono della grazia santificante».
Ad aprire poi il lungo corteo processionale per il centro storico della città sono state le congreghe, le associazioni, i gruppi e i movimenti. Presenti anche i carabinieri in alta uniforme, numerosi gli altarini allestiti lungo il tragitto processionale e adornati di petali di rose e di ginestra.
Al termine della processione in piazza Duomo, prima della solenne benedizione, mons. Ciliberti si è fermato un momento per cogliere le indicazioni pastorali che provengono proprio dall’evento di grazia del Corpus Domini.
«La certezza di questa sublime verità accreditata alla nostra fede – ha detto il presule – ci consente di fare alcune doverose riflessioni pastorali, nel contesto della nostra Chiesa e della nostra società divisa e frantumata. La mancanza di unità e di amore è frutto del relativismo imperante, asservito all’edonismo, e condizionato dal diffuso consumismo. Questi pseudo-valori, che caratterizzano la modernità, non hanno il potere di appagare l’insopprimibile brama dello spirito umano, naturalmente proteso verso l’assoluto. La contemplazione dell’eucaristia, per l’efficacia della sua esemplarità, questi medesimi effetti può verificare in ogni uomo di buona volontà, anche se non ha la fede, ma è libero da inutili pregiudizi».
Ma come è possibile collaborare tra diversi? Per mons. Antonio Ciliberti «la risposta proviene dalla maturazione crescente delle varie civiltà, che naturalmente convergono a un punto ineludibile: la dignità dell’uomo ed il bene comune!».
«Dio ci ha preceduto – ha ribadito l’arcivescovo – con l’esemplarità del suo progetto incarnato. Noi dobbiamo adoperarci a dare responsabilmente il nostro indispensabile contributo, dalle istituzioni più alte al più umile cittadino. Il nostro ideale non resterà, così, un’aspirazione teoretica, né tanto meno un’utopia, ma sarà il frutto concreto dell’operosità di tutti e di ciascuno».

Giovanni Scarpino

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