WHY NOT – Lunga intervista a De Magistris

tratto da democrazialegalita.it

di Daniela Gaudenzi – democrazialegalita.it
1 aprile 2008.
“Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due magistrati esemplari ed hanno rappresentato un indiscusso punto di riferimento” 

  Intervista a Luigi de Magistris

Lei ha ricordato a Campi Bisenzio come Falcone e Borsellino abbiano influito nella sua scelta di voler essere magistrato. Che cosa pensa a sedici anni di distanza, quando i mandanti esterni non sono stati individuati, e l’ufficiale indagato per la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino chiede a sua volta di indagare sui servizi segreti?

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due magistrati esemplari ed hanno rappresentato un indiscusso punto di riferimento soprattutto per chi ha deciso di provare a superare il difficile concorso in magistratura agli inizi degli anni ’90. Nonostante i sedici anni trascorsi, penso che vi sia un filo conduttore, dal 1992 ad oggi, ma sono in pochi, all’interno delle Istituzioni, a volerlo seguire ed individuare.

Falcone e Borsellino da morti vengono pianti dal ceto politico quali esempi ammirevoli di magistrati silenziosi, alieni da qualsiasi rischio di “sovraesposizione mediatica”. Al contrario Paolo Borsellino ha rilasciato due giorni prima di Capaci e due mesi prima di via D’Amelio un’ intervista dirompente su mafia e politica caduta in un assordante silenzio. Oggi cosa è cambiato secondo Lei nel rapporto tra potere politico, magistrati “scomodi”, media?

Sostanzialmente non è cambiato nulla. Il potere politico ha ancora di più allargato, se possibile, la sua capacità di penetrazione, anche all’interno della magistratura e dei “media”. Vi sono ancora, però, magistrati e giornalisti liberi ed indipendenti che, quotidianamente, ossequiano, degnamente, la Costituzione Repubblicana, nata dalla Resistenza.

Lei insieme a Clementina Forleo è stato accusato di aver usato in modo improprio e disinvolto gli organi di informazione, accuse da cui è stato prosciolto anche in sede disciplinare; i detrattori storici di Mani Pulite e di Giancarlo Caselli contrappongono la compostezza delle vecchie “toghe rosse” al protagonismo televisivo delle nuove generazioni per attaccare voi, dopo aver delegittimato chi vi ha preceduto. E’ un’analisi che condivide?

Non saprei rispondere perché non mi riconosco nel quadro che vogliono dipingere nei miei confronti. Sono sempre stato un magistrato schivo e riservato. La “denuncia” pubblica, ad un certo punto, è stata necessaria e doverosa per i fatti inauditi che stavano accadendo in Calabria.

“Cattivo magistrato” per aver interpretato e vissuto una professione come una “missione”; è il ritornello costante che ha accompagnato le inchieste che si sono occupate degli intrecci tra politica, affari e associazioni criminali da Tangentopoli al processo Andreotti. Oggi viene fatto proprio in via pregiudiziale anche dal CSM. Come si può spiegare?

Quel termine missione è stato utilizzato, in modo effettivamente sconcertante, dal rappresentante del Procuratore Generale della Cassazione nel processo disciplinare. Evidentemente, non si vuole un Magistrato che metta troppo amore e passione in quello che fa. Del resto, il processo disciplinare nei miei confronti è la testimonianza oggettiva del solco – che appare allo stato incolmabile – tra una parte dei magistrati (che vogliono solo fare il loro lavoro nell’esclusivo interesse della Giustizia) e coloro i quali dovrebbero rappresentare l’organo di autogoverno della magistratura.

Nei capi di incolpazione, da cui poi è stato assolto, sono stati definiti “inammissibili sfoghi” del tenore “vogliono togliermi le inchieste”, “vogliono fermarmi” puntualissime realtà. La controriforma Castelli, sostanzialmente in vigore, che ha ampliato i poteri di intervento disciplinare del ministro della Giustizia e ha gerarchizzato le procure ha contribuito a determinare il suo isolamento e la successiva sottrazione delle inchieste?

Da umile magistrato, e non da mago, avevo previsto, punto per punto, l’esito della mia vicenda, esponendolo anche (ex ante) in sedi istituzionali. Non vi è dubbio che la controriforma dell’ordinamento giudiziario ha avuto un peso rilevante nella mia vicenda. Si vuole affermare il modello (sic) di magistrato, consolidatosi tra gli anni ‘20 e ’50 del secolo scorso, in un momento storico, tra l’altro, quello attuale, di degrado etico che non era riscontrabile in quel periodo. Sono anni che denuncio pubblicamente, in convegni, articoli e pubblicazioni, l’imperante gerarchizzazione e burocratizzazione degli Uffici di Procura: si sta smarrendo la valenza della magistratura quale potere diffuso, la concezione della libertà ed indipendenza (anche all’interno dell’ordine giudiziario) che deve valere per ogni magistrato (unita, ovviamente, alla responsabilità del suo agire).

Il 26 gennaio, al Quirinale per le consultazioni, Clemente Mastella ha detto tra l’altro: “Mi aspetto di essere di nuovo il ministro della Giustizia, nel prossimo Governo. Me lo aspetto come risarcimento”. Ad un mese dal voto “rinuncia” a candidarsi e verosimilmente non sarà ministro… Come cittadino quali requisiti minimi riterrebbe necessari per l’esercizio di tale ministero?

Essere una persona onesta (sarebbe già un successo).

Lo stesso giorno in uno striscione contro i coniugi Mastella affisso davanti al municipio di Ceppaloni appare la frase “Solidarietà a De Magistris e Forleo. Oggi è reato essere magistrato”. Dopo la ola parlamentare al ministro dimissionario, un segno molto concreto della lontananza dei cittadini dal “Palazzo” come era già avvenuto in Calabria?

Credo vi sia oggi un solco profondo tra una parte consistente del cd. paese reale ed i partiti e coloro i quali li rappresentano. Da questo punto di vista anche il segnale che il CSM ha dato sulla mia vicenda è devastante, come ha detto un mio amico una parte delle Istituzioni sta cercando di soffocare una creatura che si sta formando, che sta crescendo. La coscienza civile e la partecipazione democratica fanno paura al “manovratore”. Vi è sete di Politica, con la P maiuscola, non vi è antipolitica, come strumentalmente sostiene qualcuno. Speriamo che questo fossato sia presto colmato.

Nei programmi elettorali non si parla di giustizia, con l’eccezione significativa di Berlusconi che punta alla separazione delle carriere e alla sostanziale soppressione delle intercettazioni. Con l’ attuale stato della giustizia, i tempi dei processi dovuti agli interventi legislativi bipartisan degli ultimi dieci anni, le leggi ad personam in vigore, come si spiega questo silenzio?

Non ho visto, in concreto, in questi anni, alcuna differenza di comportamenti concreti sul tema della Giustizia, ad eccezione di qualche voce isolata che, alla fine, viene puntualmente emarginata. Penso che non si voglia una Giustizia efficiente, rapida e giusta, che realizzi, in primo luogo, l’art. 3 della Costituzione Repubblica: tutti sono uguali davanti alla legge.

Per qualche giorno si è parlato di “Liste pulite”; dando un’occhiata alle candidature soprattutto dalle parti UDC e PDL, ma non solo, viene in mente l’affermazione di Boemi sostituto procuratore a Reggio Calabria: “intanto dopo la prima sentenza di condanna diventi senatore, poi vediamo”. . .

Da napoletano mi sono sempre piaciute le sceneggiate…

Anche da una recente operazione calabrese “Onorata sanità”, emerge un quadro agghiacciante di collusione tra politica, cosche, affari, sanità, tanto che risulta impossibile tracciare un discrimine tra soggetti “politici” e soggetti appartenenti tout court alla criminalità organizzata. La Commissione Antimafia ha paragonato l’ ‘ndrangheta ad Al Queda per sottolinearne la pericolosità e la capillarità. E’ un accostamento utile?

Le analisi sulla ‘ndrangheta sono state fatte già da tempo, da più parti e da parte di più professionalità. L’accostamento che vorrei che si realizzasse, però, è quello tra le parole (troppe) ed i fatti (pochi). Allo stato, purtroppo, non vi è la volontà politica di affrontare i rapporti tra ‘ndrangheta e politica, istituzioni ed economia. Quei pochi magistrati che ancora si ostinano ad investigare sono sempre più isolati ed esposti e vengono puntualmente “colpiti”.

A Strasburgo, Lei aveva spiegato come in Calabria non ci sia sviluppo perché “i soggetti che determinano le modalità di attribuzione dei fondi europei sono gli stessi che ne beneficiano attraverso un sistema di ‘sodalizi criminali’ composti da politici, professionisti, uomini delle istituzioni.” Sta in questo meccanismo, evidenziato anche da Gioacchino Genchi nella relazione che gli ha valso la rimozione da consulente tecnico in Why Not, il superamento delle tangenti?

Le tangenti vi sono sempre, come vi erano nel periodo di “tangentopoli”. Cambiano le forme delle dazioni delle utilità quale prezzo della corruzione. Vi sono le consulenze, i progetti, l’ingresso nelle società, i finanziamenti, i posti di lavoro, le partecipazioni mobiliari ed immobiliari, le movimentazioni “mascherate” del denaro. E’ il controllo della spesa pubblica, indubbiamente, il punto di incontro tra i vari interessi criminali ed il momento di massimo condizionamento del corretto funzionamento delle Istituzioni e della stessa democrazia.

Lei ha deciso di lavorare in Calabria dove pochi magistrati ambiscono a rimanere e ha detto “se vogliono che me ne vada mi devono cacciare”. Se, come io Le auguro, Lei dovesse vincere il ricorso e potesse rimanere a Catanzaro, come vede oggi il suo lavoro futuro, nello stesso contesto istituzionale ed ambientale?

Preferisco non rispondere sino al momento della decisione della Corte di Cassazione sul mio ricorso.

Alla vigilia della decisione un autorevole membro del CSM aveva puntualmente pronosticato “Questo caso Mastella finirà per danneggiare De Magistris, ora vorranno dimostrare che sono capaci di attaccare l’ex ministro e contemporaneamente punire chi l’ha indagato”. Una specie di riconferma sono state le dichiarazioni del presidente dell’ANM, Simone Luerti. E’ andata pressappoco così? Può sintetizzare quali addebiti spiegherebbero una condanna tanto “esemplare”?

Le spiegazioni di quelle affermazioni andrebbero chieste a chi le ha pronunciate. Dal mio punto di vista, contribuirò, in tutte le sedi, a far comprendere diverse condotte tenute, anche da magistrati, sulla mia vicenda. La mia condanna, poi, si fonda, sostanzialmente, sul nulla. E’ una condanna “esemplare” e basta..

Lei ha giudicato “inaccettabile” ed “evidentemente ingiusta” la sentenza che la condanna al trasferimento ad altra sede e ad altre funzioni e ha dichiarato che il CSM, con questo provvedimento le ha risposto che non ci sono le condizioni per fare il magistrato in Calabria. Se le cose stanno così, è facile pensare che tale risposta non è indirizzata solo a lei…. .

La sentenza è indirizzata innanzitutto nei miei confronti, come dicono i penalisti è retributiva e special-preventiva (nel senso che debbo pagare ed “espiare” per quello che ho fatto e non lo devo fare più, mi devo “riabilitare”, da “birichino”, e mettermi sulla “retta via”) e, poi, è general-preventiva nei confronti degli altri magistrati (attenzione, cioè, a quello che fate…). Per quanto mi riguarda, è una condanna che non modificherà, di un millimetro, il mio modo di fare il magistrato. Sono anche convinto che un Giudice imparziale non potrà che annullare tale decisione, così profondamente ed intrinsecamente ingiusta.

Dalla procura generale di Catanzaro è arrivata la richiesta di archiviazione per il filone di Why Not che riguarda Mastella, su cui dovrà pronunciarsi il gip: un provvedimento annunciato?

Anche su questo credo di avere (ed avere già avuto prima ancora che fosse stata formalmente richiesta l’archiviazione) le idee chiare, ma non le posso certo riprodurre pubblicamente…

Autore

Redazione

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