Dalla Redazione

Da Palanca a Berardi. C’è un solo Catanzaro da aiutare

Torna il nostro francesco Ceniti con un editoriale amaro ma molto, molto reale…

Dove eravamo rimasti? Sembra ieri e invece sono passate due stagioni: l’umiliazione per la seconda retrocessione di fila e poi un fallimento annunciato da mesi che ha cancellato in un solo colpo il Catanzaro. Non il Settingiano (con tutto il rispetto per loro), ma la squadra che per la prima volta aveva portato la Calabria in serie A. Non è per riaprire vecchie ferite, però, che ho deciso di ritornare a scrivere un editoriale. O meglio, non è solo per questa ragione.
SLIDING DOORS Il presente ci vede relegati in C2 e temo che il futuro non ci riservi nulla di buono. Come mai? Senza giri di parole: il calcio a Catanzaro è morto e sepolto da almeno 20 anni. Considero il gol di Monelli come uno spartiacque: se non fosse entrato probabilmente la nostra storia sarebbe oggi molto diversa. Consideriamola come una sliding doors in giallorosso: abbiamo aperto quella sbagliata. Tutto qui? No, ci abbiamo messo molto del nostro per affossare il Catanzaro. Definire l’ambiente corrosivo,è generoso. Negli ultimi 20 campionati (certo, non esaltanti) abbiamo contestato tutto e tutti: società, allenatori, dirigenti, giocatori, giornalisti. Una sorta di tiro al bersaglio autolesionista che ha prodotto un unico risultato: negli anni Ottanta vestire la maglia giallorossa era un onore per molti calciatori, oggi a parità di condizioni economiche c’è chi preferisce andare a Marcianise o addirittura tra i dilettanti. Siamo arrivati al paradosso che il Ceravolo (o il Militare, se preferite) è diventato terra di conquista. Neppure quando eravamo ultimi in A con una squadra ridicola , gli avversari scendevano in campo con la tranquillità con cui lo fanno oggi. La curva Massimo Capraro (o se preferite la Ovest) è sempre il dodicesimo uomo in campo, solo che fino a qualche tempo fa lo era per il Catanzaro mentre adesso lo è per gli avversari. In casa, per buona parte della scorsa stagione, si intonava un solo coro: “Rivogliamo il 1929”. Ora, a questi tifosi voglio dire: dove erano quando due signori, che non meritano di essere neppure nominati, hanno fatto del Catanzaro carne da macello senza subire neppure una contestazione? Dove erano quando questo sito continuava a denunciare le nefandezze della società? Dove erano quando in una sera d’ottobre c’è stata la seconda sliding doors in giallorosso: anche in quella occasione si è scelto di aprire quella sbagliata mandando via gli unici soci in grado, con i loro soldi, di non far fallire il Catanzaro? Come? Eravate presenti nelle trasferte dei campetti di terza serie mentre io (noi) vegetavo da qualche parte? Avete la mia ammirazione, ma per favore aprite gli occhi e non contestate a comando. O ancora peggio: non appoggiate una persona solo perché è amico di qualcuno. Così come, cari tifosi, è stato assurdo rompere le scatole nella scorsa stagione a una formazione assemblata in gran fretta è nata dalle ceneri di un fallimento. E pretendere che ci restituiscano in breve tempo quello che altri ci hanno tolto.
TUTTI CESSI Sto esagerando? Forse, ma una domanda me la sono posta: perché i vari Leon, Nocerino, Manitta, Dal Canto, Grava, Gissi, De Angelis (e tanti altri ancora) da noi erano cessi mentre ora giocano bene tra A e B? L’esperienza, però, non sembra aver insegnato nulla: il signor Berardi è stato etichettato dai soliti noti un minuto dopo aver messo piede a Catanzaro: “Un buon bidone”. Per fortuna il calciatore ha dimostrato di essere un vero professionista, se n’è infischiato dei fischi (scusate il gioco di parole) anche perché deve dare una sterzata alla sua carriera e una volta ritrovata la condizione atletica ha preso per mano la squadra. Se vogliamo lottare la promozione dobbiamo prendere esempio da questo ragazzo. E aiutare il Catanzaro a tornare grande. Ferrigno sta giocando male? Che facciamo, lo insultiamo pensando che questo migliori le cose?
SIAMO SEMPRE CON VOI… Anche io rivoglio il Catanzaro 1929, ma non certo per un marchio. Rivoglio quello spirito che ho visto mille volte allo stadio, rivoglio quel clima che mi ha fatto innamorare dei colori giallorossi, rivoglio una curva capace di mettere paura anche ai campioni di Juve, Milan e Inter, rivoglio i club che si muovevano solo per fare il bene del Catanzaro, rivoglio 15.000 spettatori stretti in un applauso per consolare un calciatore (non qualunque) che si sta asciugando le lacrime con la maglia giallorossa dopo aver mandato sul palo un rigore all’ultimo secondo contro un portiere che non era un portiere. Rivoglio questo Catanzaro. E allora iniziamo a distinguere: l’attuale società non è perfetta, ma in estate ha costruito una squadra inferiore solo al Benevento. Gli infortuni hanno minato alla base il progetto, ma siamo ancora lì. Certo, molte cose faccio fatica a mandarle giù: in primis le mancate scuse di Gianni Improta alla città. E’ ritornato sul luogo del delitto come se nulla fosse accaduto e invece… Poi c’è la squadra e finché c’è una sola possibilità di raggiungere l’obiettivo promozione va sempre sostenuta. Sempre. Iniziamo a farlo da domenica se vogliamo davvero imboccare una sliding doors diversa da quelle aperte negli ultimi 20 anni.

Francesco Ceniti

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