CASO DE MAGISTRIS – 7 Pagine di ricorso contro l’avocazione

L’avere informato dell’iscrizione del Ministro Mastella nel registro degli indagati il procuratore aggiunto anziché il procuratore capo; il non aver trasmesso al Tribunale dei Ministri gli atti perché l’avocazione è arrivata prima che ciò fosse possibile; l’inesistenza della incompatibilità tra lui e Mastella. Sono tre i punti fondamentali sui quali si basa il ricorso presentato dal sostituto procuratore di Catanzaro, Luigi De Magistris, contro l’avocazione dell’inchiesta “Why Not” disposta dal Procuratore generale Dolcino Favi.

«Non esiste – è scritto nel ricorso – alcun interesse da parte del titolare del procedimento, dal momento che le investigazioni aventi ad oggetto condotte in cui compariva anche il nominativo del ministro della Giustizia erano in corso da tempo». Il concetto è esplicitato nel passo successivo: «Nel caso di specie è stato il ministro della Giustizia ad esercitare la richiesta di trasferimento pur essendo consapevole che gli atti del fascicolo avevano anche ad oggetto la sua persona». 

Forleo. È inutile una scorta quando gli «attacchi» arrivano «non dalla piazza» ma da «taluni esponenti istituzionali». Ed è inutile di fronte ad alcuni comportamenti da parte di «taluni esponenti» dell’Arma dei carabinieri riguardo alle numerose circostanze da lei denunciate. È quindi con «profonda amarezza» che il giudice Clementina Forleo, in una lettera inviata al prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, e al procuratore generale Mario Blandini, comunica di rinunciare alla scorta assegnatagli all’epoca in cui si occupava di terrorismo internazionale di matrice islamica ed ‘elevatà, come si dice con un termine tecnico, dopo che, il 17 ottobre scorso, il giudice dell’inchiesta sul tentativo di scalata ad Antonventa, da cui sono derivate le indagini su Unipol e altre, ha ricevuto un proiettile con delle minacce. La stessa cosa è accaduta contemporaneamente al suo collega di Catanzaro, Luigi De Magistris, al quale Clementina Forleo aveva espresso solidarietà pochi giorni prima quando aveva partecipato una prima volta alla trasmissione “Annozero”.

La decisione di rinunciare alla scorta, che motiva «amaramente», deriva anche da quelle che definisce «protratte condotte attive e omissive da taluni esponenti dell’Arma» in relazione alle minacce da lei subite in passato e anche più di recente: l’addolorano – dice, davanti ai cronisti, nel suo ufficio al settimo piano del Palazzo di giustizia milanese – il denunciato scarso impegno riguardo la ricerca dell’autore di quelle telefonate senza risposta nella casa dei genitori a Francavilla Fontana (Brindisi), prima della loro morte, in un incidente d’auto nell’estate del ’95 («non c’entra l’episodio della loro morte, quello fu un incidente»). Ce ne sono state altre, nei mesi successivi, nell’azienda di famiglia, nel Brindisino, comprese lettere minacciose nei confronti suoi e del marito. Oggi alcuni testimoni hanno confermato agli inquirenti di Brindisi quelle minacce.

Minacce e tentativi di delegittimazione sui quali il giudice ha «riferito ai vertici dell’Arma senza ottenere alcun riscontro». È questa inerzia – mentre dai militari che indagavano sulle telefonate ai suoi genitori sono venute accuse di un presunto, eccessivo interessamento della Forleo alle indagini – che fa dire al magistrato, nel tentativo di sdrammatizzare: «Non ho bisogno di un taxi gratuito, pagato dallo Stato». Paura per la sua incolumità? «Spero di poter lavorare, come sempre, anche di più», risponde mutuando una battuta del suo collega de Magistris.

C’è poi il capitolo delle «pressioni» provenienti da «ambienti istituzionali» riguardo le decisioni giurisdizionali da lei prese nell’inchiesta su Antonoveneta, che portarono al deposito delle intercettazioni riguardanti svariati uomini politici di entrambi gli schieramenti (fra gli altri il ministro Massimo D’Alema, il leader dei Ds, Piero Fassino, i parlamentari di Forza Italia Romano Comincioli e Salvatore Cicu) e all’ordinanza, con toni duri verso i politici, con cui il gip ne chiedeva l’utilizzazione alle Camere. «Non faccio alcun nome, per ragioni di sicurezza ho riferito alcune circostanze solo ai miei familiari e a persone del mio entourage, tra cui Ferdinando Imposimato».

Domani la questione della rinuncia alla scorta decisa dal magistrato sarà affrontata in Prefettura nel corso di una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza. Laconico il commento alla giornata di oggi del prefetto Lombardi: «Forleo è persona tutelata perchè c’è una esposizione al rischio.  Domani – ha aggiunto – faremo le nostre valutazioni». 

fonte: unita.it

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Redazione

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