La soluzione c’è. Via tutte le barriere…

Edizione straordinaria de “Il rompicalcio”, tratto dal numero odierno del quotidiano Calabriaora.

Atalanta-Lazio, Milan-Livorno, Messina-Catania. Tutti sulla giostra, si riparte. Stadi vuoti per adeguarsi alle norme di sicurezza, inasprimento delle sanzioni, ostacoli a chi vuole seguire la squadra in trasferta. Ma i provvedimenti hanno davvero mirato al cuore del problema? Non vedo una strategia dietro a queste misure, forse figlie della necessità di accontentare l’opinione pubblica più che di una vera progettualità mirata alla soluzione del problema calcio e al suo rilancio. Il vecchio amato football si stava allontanando inesorabilmente dalla gente, gli stadi sempre più vuoti ne erano il sintomo più lampante, andare allo stadio era sempre meno divertente a causa della lontananza dagli spalti, degli orari sempre più assurdi e della crescente assenza di genuinità. Ora gli stadi hanno finito di svuotarsi, per mano di un decreto che ha allontanato gli ultimi affezionati. E per riempirli di nuovo non serviranno tornelli e vie di fuga a norma, sarà necessario ben altro.

 Il calcio stava morendo per colpa di un manipolo di delinquenti, ma non solo. Per colpa anche dei dirigenti istituzionali con le loro decisioni incomprensibilmente miopi, dei media, con un linguaggio spesso ambiguo e vuotamente ipocrita, delle società coi loro comodi compromessi, delle forze dell’ordine con alcuni atteggiamenti sbagliati,  degli allenatori con le loro carenze nell’insegnamento di valori sportivi agli atleti di ogni età, dei calciatori spesso più somiglianti a isterici, viziati e disonesti divi che a uomini di sport. Dal silenzio ripartiamo da pochi e semplici concetti su cui ricostruire il calcio. Che innanzitutto è uno sport prima di essere una industria. Ripetiamo anche gli altri: che ultrà non è sinonimo di delinquente, e chi delinque va perseguito a termini di legge, né più né meno. Che un conto è la gestione dell’evento sportivo all’interno dell’impianto e un altro la tenuta dell’ordine pubblico all’esterno dello stesso. Che lo spettatore che va a vedere una partita, in una qualsiasi città che può anche non essere la sua, dev’essere trattato come uno che ha speso del denaro per assistere a uno spettacolo e che, presumibilmente, non invaderà il campo per aggredire arbitro o calciatori qualora li abbia a portata di mano. Chi viene portato in gabbia si comporta da bestia, chi invece viene trattato da persona civile può darsi che si comporti da persona civile. E in caso contrario si può inchiodare alle sue responsabilità con strumenti legislativi e attuativi all’altezza. Penso a qualche trasferta in stadi in cui la partita la vedevi dietro una grata metallica, davanti, di lato e anche sopra. Con i manganelli dietro le spalle e la sensazione di stare lì come ospite sgradito più che come co-fruitore di uno spettacolo. Pagante, per giunta. E allora eliminiamo ogni barriera, anche i vetri di delimitazione fra erba e gradinate, avviciniamo la gente al prato. Non si parla tanto di modello inglese? Eccone l’occasione. Tutti seduti a pochi metri da stop, tiri e passaggi, dall’odore del prato al rumore del cuoio, al vociare dei protagonisti. Riproduciamola, la magìa inglese. Chi sbaglia paga subito e per parecchio, Ma, aggiungo, che paghino con uguale severità i tutori delle forze dell’ordine che si lasciano andare a provocazioni o atti di ingiustificabile violenza gratuita con atteggiamenti che delegittimano l’operato degli altri loro validissimi colleghi e che spesso creano tensione. Con Pasolini solidarizzo con tantissimi ragazzi in divisa che compiono il loro dovere contro altri loro coetanei che per qualche oscuro motivo giocano alla guerra, e allo stesso modo detesto chi usa quella stessa divisa come pretesto per esercitare insopportabili pruriti di autoritarismo. Nessuna equiparazione fra guardie e ladri, solo una riflessione affinchè la gente si riavvicini quotidianamente a chi svolge un ruolo vitale di salvaguardia del vivere civile, non solo davanti a un feretro e alla sua famiglia distrutta dal dolore.
Noi senza questo giocattolo proprio non sappiamo stare. In fondo siamo bambini a cui cresce la barba, e così vogliamo rimanere. Si riparta dal principio, si riparta dal prato, dai suoi protagonisti e da chi li vuole ammirare da vicino, la gente. Senza barriere e senza reticolati, ma con la consapevolezza che da domani chi sbaglia paga davvero.

G. Cuomo

Autore

Giannantonio Cuomo

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