AMBIENTE – Abbattuto l’ecomostro di Copanello

Un messaggio alle cosche e agli abusivi

COPANELLO (Catanzaro) – Quindicimila metri cubi di cemento armato in una zona sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica, a pochi passi dalle scogliere di Stalettì. E’ l’ecomostro di Copanello, abusivamente costruito negli anni ’80 vicino al sito archeologico che conserva preziosi reperti databili dall’età romana al tardo antico, comprendenti anche la tomba di Cassiodoro e resti identificati con il Vivarium fondato dallo stesso senatore romano. Dopo diversi decenni, segnati da lunghe vicissitudini guidiziarie, i quattro corpi di fabbrica – due di sei piani, uno di cinque ed uno di nove, collegati con gradoni di cemento armato – sulla costa jonica calabrese oggi sono stati demoliti.

Per l’occasione è giunto a Copanello anche il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio. “La giornata di oggi – ha detto dando il via alla demolizione – è la dimostrazione che l’azione congiunta della Regione e del Governo per la legalità e per la tutela delle nostre coste è un forte segnale alle organizzazioni malavitose ma anche all’abusivismo edilizio che rimane uno scandalo nazionale”.

L’abbattimento era previsto da un’ordinanza di demolizione sin dal 1987, mai eseguita. Vi fu anche una gara d’appalto, andata deserta. Solo lo scorso anno si arrivò alla firma di un protocollo di intesa fra la Regione Calabria, la Soprintendenza regionale ai beni ambientali ed il comune di Stalettì. L’impegno fu poi rinnovato il 29 dicembre scorso con l’accordo di programma quadro “Emergenze urbane e territoriali” tra la Regione ed i Ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture.


In prima fila, ad assistere all’abbattimento, le organizzazioni ambientaliste. “Speriamo che le ruspe non si fermino a Copanello perché è piuttosto lungo l’elenco dei manufatti illegali che costellano la regione che è tra le prime quattro d’Italia per numero di cementificazioni selvagge”, auspica Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente in lotta contro la costruzione di Europaradiso: un progetto che, se realizzato, farebbe colare un milione e 397 mila 550 metri quadrati di cemento su 1200 ettari di macchia mediterranea alla foce del fiume Neto.

L’ecomostro di Copanello è il primo di una lista di sei abbattimenti annunciata dal presidente della Regione Agazio Loiero. Restano da demolire: a Capo Rizzuto (Crotone), il mostro nell’area marina protetta composto da 245 abitazioni realizzate senza alcuna concessione edilizia. Molte le ville di notevole valore di proprietà di affiliati alla cosca degli Arena. Nonostante l’ordinanza di demolizione confermata dalla Procura della Repubblica e il sequestro da parte della questura di Crotone, le ruspe si fanno attendere. Il blitz ha consentito di denunciare all’Autorità giudiziaria 250 persone.

A Falerna Scalo (Catanzaro), Palafitta e Trenino: due costruzioni realizzate direttamente sul bagnasciuga. Una, nei giorni di mare grosso, ondeggia tanto da sembrare una casa galleggiante mentre gli appartamenti al piano terra della seconda casa si riempiono puntualmente di sabbia.
A Grisolia (Cosenza) il villaggio camping L’Orchidea, in piena zona demaniale. Sequestrato nell’aprile del 2005 perché interamente abusivo, si trova immerso nel verde della Riviera dei Cedri e si affaccia direttamente sulla spiaggia. Trentamila metri quadrati di boungalows e miniappartamenti dotati di ogni comfort ma in zona sottoposta a vincolo ambientale. Nella primavera del 2006, il complesso, grazie a un provvedimento della Procura di Paola, è stato dissequestrato temporaneamente fino al 30 settembre 2006, giusto per il periodo estivo. (www.repubblica.it)

Autore

Tony Marchese

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