Il finto che avanza…

La decima puntata de “Il rompicalcio”, tratto dal quotidiano Calabriaora.

Pensavamo di averle viste tutte, ma la realtà ci ha puntualmente smentito. La squadra aveva raggiunto la penisola sorrentina in treno, evocando il fascino di un calcio antico. Com’era prima dell’era dei torpedoni sociali, quelli col mister compunto e seduto nella fila opposta a quella dell’autista ai primi posti. Finalmente un bel giorno di calcio, si credeva, una domenica pomeriggio alle due e mezza in campo senza maglie col trenta o settantasette che sembra una tombola. Mancano solo Ciotti e Ameri, si pensava. Calcio alla domenica, maglie giallorosse dalla uno alla undici, il due e il sette a destra e il tre a sinistra: ma è poi così brutta la serie C? Questo si pensava accingendoci a una meravigliosa domenica novembrina col sole in faccia e il prato di fronte. Già il prato. Dov’è? Gioca il Catanzaro, ma dove? Su un tappeto. Dov’è il manto erboso? Sono a bordo campo, ma non arriva alcun odore. I giocatori sgambettano come su un campo prenotato il giorno prima su di un fondo finto come il calcio di cui ancora seguitiamo a nutrirci. Perdiamo, ma il punto è un altro. Immagino Morleo che chiede tre euro a Merito per pagarsi campo e gatorade che il portafogli l’ha lasciato a casa, e Bueno lamentarsi delle docce temporizzate. Tutto potevano farci ma non questo. Nick, ma tu non dici niente? Lo sai che in Italia si gioca sulla gomma, come nelle immagini che arrivavano dal soccer dei Cosmos e noi a sorriderne come di una cosa che non ci avrebbe mai riguardato, che noi avevamo Valenti e il Brumana? Fermiamo questa rivoluzione subdola che ci porta via la stessa essenza del calcio, che lo snatura fino a farne un altro sport. Si al verde, al fango, al rimbalzo irregolare e allo scarpino sull’erba. No ai campi liofilizzati, che consentiranno pure di giocare con ogni tempo ma che non faranno mai sognare i bambini.

Giannantonio Cuomo

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Giannantonio Cuomo

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